La leadership e il processo decisionale sono tra le principali sfide che lo sport deve affrontare per quanto riguarda l’uguaglianza di genere.
Il principio di gender equality è condiviso da molti e citato spesso nei documenti istituzionali, ma al pratico trova raramente un riscontro.
Per quanto riguarda lo sport praticato, il movimento femminile è in crescita. Su questo non c’è dubbio. Basti pensare all’incremento registrato nel calcio femminile dopo i Mondiali del 2019, o a quanti hanno iniziato a supportare le tenniste grazie a Serena Williams, ad esempio.
Ma c’è un tema, legato all’uguaglianza di genere, che rappresenta ancora un grande problema per le giocatrici e per chi si occupa di loro. E sto parlando del gender pay gap.
Per “gender pay gap” si intende la persistenza di una retribuzione diseguale tra atleti e atlete. Nello specifico, le atlete non ricevono un reddito uguale a quello delle loro controparti maschili, a seconda dello sport preso in esame.
Secondo una recente ricerca condotta dalla BBC, circa “l’83% delle società sportive, al giorno d’oggi, retribuisce uomini e donne in modo uguale”.
Tuttavia, sembra proprio che il divario retributivo nello sport non si sia ridotto, né tantomeno che sia scomparso.
Ma perché le atlete sono sempre state pagate di meno? Vediamo i motivi.
Gender pay gap: quali sono i fattori che incrementano il problema?
Secondo vari studi, su oltre 460 occupazioni, la categoria degli atleti ha il peggior divario retributivo di genere. L’atleta donna in media guadagna 15.232 dollari in meno rispetto agli atleti uomini, che guadagnano in media 38.008 dollari, con un aumento del 149.5% rispetto alle proprie controparti femminili.
A parte i premi in denaro, ci sono anche altri fattori che influenzano il reddito finale delle atlete.
Innanzitutto: gli sport maschili attirano molti più spettatori e sono molto più richiesti dagli sponsor rispetto agli sport femminili.
Il primo fattore riguarda la minore possibilità per le atlete di negoziare accordi di sponsorizzazione. In generale, supponendo che un atleta uomo e un’atleta donna ricevano lo stesso premio in denaro, i migliori atleti maschi in circolazione guadagnano di più grazie a migliori accordi di sponsorizzazione. E gli sponsor sono più attratti dagli atleti di sesso maschile poiché tendono ad essere più “commerciabili”.
Uno studio ha infatti rilevato che le atlete sono raramente impiegate come portavoce delle aziende. Tra il 2011 e il 2013, gli sport femminili hanno infatti rappresentato lo 0.4% del totale delle sponsorizzazioni sportive.
Dunque, lo squilibrio degli accordi di sponsorizzazione amplia il divario di reddito tra atleti di sesso maschile e atlete di sesso femminile. Ad esempio, facendo un confronto tra il reddito di Roger Federer e quello di Serena Williams, basato sul loro premio in denaro, mostra che la Williams ha guadagnato 2 milioni di dollari in più di Federer. Tuttavia, Federer è il tennista più redditizio della storia, e guadagna 58 milioni di dollari, ovvero cinque volte di più della Williams.
In più, la copertura mediatica non solo aumenta la popolarità degli atleti maschi, ma rivela anche la natura commerciale dello sport.
Gli sport maschili hanno valori di produzione più elevati e sembrano sempre più eccitanti. Ad esempio Novak Djokovic, uno dei migliori tennisti al mondo, ha affermato che gli uomini meritano di essere pagati di più delle giocatrici perché “le statistiche mostrano che abbiamo molti più spettatori” il che significherebbe che gli atleti maschi hanno più interessi e attenzione.
La logica economica sostiene che il pubblico determina il valore commerciale di uno sport, poiché i produttori sperano di attirare più pubblico per aumentare i propri profitti. E questo fattore può influenzare la copertura mediatica delle atlete.
Nonostante la partecipazione in aumento delle donne nello sport, nel corso degli anni, la copertura mediatica riservata alle atlete è rimasta invariata. Ma la visibilità dello sport femminile è necessaria per il suo progresso, ed è un fattore determinante per colmare il divario retributivo.
Gli accordi di trasmissione e l’esposizione televisiva svolgono un ruolo importante nella capacità degli atleti di ottenere sponsorizzazioni. Con l’aumento del marketing televisivo arrivano sponsorizzazioni più redditizie, e questo guadagno porterà ad un aumento dei salari.
Mentre la copertura mediatica delle atlete è carente nei media tradizionali e online, gli account social personali offrono alle sportive nuovi mezzi per ottenere visibilità, promuovere se stesse, sviluppare una fanbase ed eliminare i tradizionali stereotipi di genere dello sport.
Per intenderci, nel 2018 la WNBA ha attirato circa 7.716 fan a partita, e cioè più di 10.000 fan in meno rispetto alla NBA. Di conseguenza, le squadre femminili hanno venduto meno biglietti e hanno generato meno entrate. Tuttavia, il divario retributivo tra giocatori e giocatrici è estremo, e supera di gran lunga queste differenze nelle entrate.
Restando sempre in tema basket: nel 2019, il giocatore NBA medio ha guadagnato circa 8.321.937 milioni di dollari, mentre una giocatrice media della WNBA ha guadagnato 75.181 dollari.
E i guadagni delle giocatrici, in percentuale ai profitti della lega, sono cambiati nel corso del tempo, tanto che le giocatrici della WNBA sono arrivate a guadagnare, recentemente, solo il 21% delle entrate della lega.
Ma, oltre alla quantità, conta anche la qualità della copertura mediatica. La rappresentazione mediatica delle atlete tende ad essere meno professionale e, talvolta, implica anche contenuti umilianti o sessualizzati, invece di puntare a mettere in risalto le loro capacità atletiche. Non a caso, anche le posizioni lavorative nei media sportivi televisivi sono dominati e controllati da una maggioranza maschile, e il 90% dei redattori sportivi, oltre che il 95% dei conduttori e co-conduttori televisivi sportivi sono uomini.
Il numero di donne che stanno entrando in questo settore aumenta sempre di più, ma gli stereotipi di genere fungono sempre di più da ostacolo al loro avanzamento in carriera. Raramente le donne vengono accettate come analiste sportive dal pubblico, e sono troppi gli spettatori che pensano che le donne dovrebbero commentare esclusivamente sport femminili.
Le atlete sono poi anche soggette a molte più critiche. Varie analisi qualitative stabiliscono che i tweet dei media sportivi tendono a sottolineare i risultati delle atlete e a sottolineare in maniera esagerata le loro eventuali sconfitte.
Ci sono poi anche altri fattori che influenzano il guadagno delle atlete, come ad esempio la mancanza di donne che ricoprono posizioni dirigenziali nelle organizzazioni sportive. Nelle fondazioni sportive europee, infatti, solo il 14% di tutte le posizioni decisionali sono occupate da donne.
Abbiamo poi anche la maternità, che riduce il guadagno delle atlete poiché tante perdono la possibilità di partecipare ai vari tornei a causa delle loro condizioni fisiche. Sappiamo tutti bene quanto tempo, dopo il parto, ci impieghi una donna per riprendere ad allenarsi e ritornare in forma. Il problema? La gravidanza comporta una differenza commerciale, che si riflette principalmente sugli accordi di sponsorizzazione.
A Kerri Walsh, giocatrice professionista di beach volley, i propri sponsor hanno detto di trattenersi dal mettere in piedi una famiglia, mentre la snowboarder Kimmy Fasani ha dovuto affrontare la paura di perdere i suoi contratti di sponsorizzazione quando ha scoperto di essere incinta. Per non parlare poi di Dearica Hamby della WNBA, che sostiene di essere stata scambiata dalle Las Vegas Aces proprio a causa della sua gravidanza.
Discriminazioni di genere e questione salariale: il basket primo esempio da citare in negativo
E sono proprio la NBA e la WNBA gli esempi primari di questo gap salariale tra atleti e atlete.
Mentre la percezione pubblica delle giocatrici di basket professioniste è che siano multimilionarie e benestanti, la realtà è che la loro retribuzione è decisamente modesta.
Nel basket, la disparità retributiva tra le giocatrici donne e i giocatori uomini è evidente. Tanto che una giocatrice WNBA guadagna in media 41 volte di meno rispetto ad un qualsiasi giocatore della NBA.
E’ chiaro che i migliori giocatori della lega guadagnino cifre esorbitanti. Ad esempio, Stephen Curry e Russell Westbrook hanno guadagnato rispettivamente 48 e 47 milioni di dollari nel 2022. Ma, in netto contrasto, le giocatrici WNBA più pagate di quello stesso anno, e cioè: Diana Taurasi, Jewell Loyd e Breanna Stewart, hanno guadagnato 228.094 dollari ciascuna, secondo Spotrac.
Come dicevamo anche prima, le differenze nella copertura mediatica e nelle sponsorizzazioni alimentano il divario retributivo.
Secondo il Los Angeles Times: “Per ogni dollaro che le aziende americane spendono in sponsorizzazioni sportive, meno di un centesimo va agli sport professionistici femminili. La WNBA riceve una frazione di quella frazione”.
Ed è per questo che le giocatrici della WNBA spesso vanno a giocare all’estero durante l’off-season, per guadagnare di più. Brittney Griner trascorreva infatti i suoi inverni giocando per l’UMMC Ekaterinburg nella Russian Women’s Basketball Premier League.
Anche se la vita all’estero può essere dura e solitaria, le giocatrici WNBA fanno questi sacrifici senza protestare troppo, il tutto per essere ricompensate come sentono di meritare. E, sebbene il periodo trascorso all’estero sia considerato come un periodo di “bassa stagione”, per molte giocatrici gli stipendi che guadagnano all’estero sono in realtà più rappresentativi dei guadagni di una stagione WNBA.
In un’intervista a ESPN, Liz Cambage ha spiegato che all’estero guadagna dalle 5 alle 8 volte in più di quanto guadagna nella WNBA. “È difficile quando si ha la migliore lega del mondo, ma non siamo trattate come le migliori atlete del mondo” ha detto la stella delle Los Angeles Sparks.
Kelsey Plum, stella delle Las Vegas Aces, vorrebbe invece correggere l’obiettivo della lotta della WNBA riguardo la parità di retribuzione tra la lega maschile e la lega femminile. Come ha spiegato, le giocatrici della WNBA non vogliono lo stesso stipendio delle loro controparti maschili, ma vogliono guadagnare la stessa percentuale di ricavi condivisi della lega.
“Non chiediamo di essere pagate come gli uomini” ha detto. “Chiediamo di essere pagate con la stessa percentuale di entrate condivise”.
La giocatrice ha infatti dichiarato che l’idea che nella WNBA le giocatrici vogliano essere pagate come i giocatori maschi è un enorme malinteso.
“Nella NBA, le percentuali dei ricavi sono condivise per i giocatori, quindi le vendite delle maglie, ovviamente i contratti televisivi” ha detto. “Ma questo è dovuto alla negoziazione della loro CBA, dove i proprietari guadagnano determinati tipi di denaro. I giocatori ricevono anche quello. Nella WNBA, non è così”.
La CBA della NBA divide le entrate in modo equo tra giocatori e proprietari mentre, in base al contratto collettivo della WNBA, le giocatrici beneficiano della condivisione delle entrate ma, secondo Her Hoops Stats, ricevono una divisione 50-50 delle entrate incrementali, non di tutte le entrate. Inoltre, la WNBPA riceve il 50% delle entrate derivanti dalla vendita di maglie specifiche per le giocatrici.
“Non credo che dovrei essere pagata come LeBron” ha detto la Plum. “Ma la percentuale delle entrate, ad esempio: se vendono la mia maglia a Mandalay Bay, io non ricevo un centesimo. E’ di questo che stiamo parlando”.
Le giocatrici non potranno richiedere questi cambiamenti fino al 2025, data di scadenza dell’attuale CBA. Ma, vista la recente crescita della lega, il panorama della WNBA potrebbe essere molto diverso in quel momento.
“Siamo giovani. La nostra lega ha solo 25 anni, mentre la NBA ne ha 100” ha detto. “Dopo 25 anni, siamo ben oltre il punto in cui si trovava la NBA. Non lo dimentichiamo, però, e paragoniamo la nostra posizione attuale a quella della NBA. Il mio obiettivo è che, quando lascerò la lega, vorrei vederla molto migliore di come l’ho trovata. Sono qui per far arrabbiare alcune persone. Se si vuole un cambiamento, bisogna essere in grado di chiederlo. Se devo prendere un paio di colpi perché qualcun altro possa fare qualcosa, allora va bene”.
Attenzione però. Non pensiate che non siano stati fatti dei tentativi per ridurre il divario retributivo tra la WNBA e la NBA.
Gli stipendi delle giocatrici sono aumentati del 53% dopo la stesura di un nuovo CBA nel 2020. Il nuovo accordo non solo ha aumentato il potenziale salariale di una giocatrice media della WNBA, ma ha anche permesso un congedo di maternità retribuito. Per la prima volta nella storia della lega, il compenso medio in denaro delle giocatrici supera le 6 cifre, con una media di quasi 130.000 dollari, con bonus e incentivi da aggiungere.
Nel febbraio 2022 la lega ha anche annunciato di aver raccolto 75 milioni di dollari dagli investitori, nel tentativo di migliorare il suo modello di business, affermando che il denaro sarebbe stato destinato all’elevazione del marchio e a uno sforzo per affrontare alcuni degli ostacoli della lega riguardo alla crescita e alla generazione di nuove entrate.
Sebbene questo mostri un netto miglioramento, ci sono però ancora notevoli disparità rispetto ai campionati maschili. E dovranno essere affrontate affinché la WNBA possa davvero crescere e sostenere tutte le sue giocatrici.
Male per il basket, ma negli altri sport la situazione non è migliore
Ma non solo NBA e WNBA. Tutti gli sport popolari e diffusi mantengono infatti un significativo divario retributivo.
Nel calcio, la nazionale femminile degli Stati Uniti è pagata quasi 4 volte in meno rispetto a quella maschile. Ha vinto la Coppa del Mondo nel 2014, è vero, ma ha ricevuto un premio pari a 7 milioni di dollari in meno rispetto alle proprie controparti maschili, che sono state eliminate nel Round 16.
Nel 2016, la giocatrice di football americano (2 volte vincitrice di una medaglia d’oro olimpica) Hope Amelia Solo, ha intentato una causa contro la US Soccer Federation, per aver ignorato la poca equità salariale delle sue compagne di squadra rispetto ai propri colleghi maschil.
Il divario retributivo nel golf è ben lungi dall’essere superato. Secondo Golf Support, la disparità dei premi tra atleti maschi e atlete femmine è pari all’83%. Ciò significa che, se un giocatore e una giocatrice di golf vincono entrambi un torneo, il giocatore maschio può guadagnare anche 6 volte in più della giocatrice. Lo stipendio medio per un giocatore della Professional Golfers Association è pari a 973.000 dollari, contro i 162.000 dollari di media per una giocatrice della Ladies Professional Golfers Association.
Anche la disparità nello sci è notevole. La sciatrice olimpica Lindsey Vonn sottolinea che molte sciatrici di campionati minori devono rinunciare agli allenamenti per fare lavori part-time, a causa del denaro insufficiente che ricevono. Per la Vonn, infatti, gran parte del reddito proviene dalle sponsorizzazioni.
Il divario retributivo nel baseball è invece molto distante. Lo stipendio medio di un giocatore della MLB è di 4.47 milioni di dollari all’anno. La paga media per una giocatrice donna è invece pari a 6.000 dollari all’anno. Tuttavia, il divario retributivo in questo caso ha mostrato qualche segno di miglioramento, poiché Monica Abbot di recente ha firmato un contratto record da 1 milione di dollari in 6 anni.
E forse c’è anche qualcos’altro di buono.
Il tennis è considerato lo sport leader dell’equità salariale. Nel 1973, la tennista Billie Jean King si è dedicata proprio a questo problema, e i suoi sforzi hanno portato alla modifica del montepremi degli United States Open. Fino ad ora, tutti i tornei del Grande Slam offrono lo stesso premio agli atleti di sesso maschile e femminile.
Anche Maria Sharapova ha fatto sentire la sua voce a riguardo, utilizzando l’esempio del montepremi offerto all’ATP Shanghai Masters rispetto all’assegno previsto per il vincitore del WTA Zhengzhou Open.
La cinque volte campionessa del Grande Slam, che si è ritirata nel 2020, ha recentemente parlato del suo percorso professionale e di vari aspetti del tennis nel suo complesso, in particolare della situazione finanziaria di questo sport.
“Proprio questa settimana c’è un torneo maschile ancora in corso a Shanghai, con un assegno di 1.2 milioni di dollari per il vincitore. Nella stessa settimana, c’è un torneo femminile in Cina con un assegno di 120.000 dollari” ha detto.
La 36enne ha poi aggiunto che l’ineguaglianza dei premi offerti nei Grandi Slam non dovrebbe far passare in secondo piano il fatto che il divario retributivo rimane un problema estremamente diffuso nel circuito WTA.
“Questi sono gli eventi di tennis più importanti. La disparità è pazzesca e deve essere affrontata” ha continuato.
Anche la pallavolo è uno degli sport pionieri della promozione dell’equità salariale. La Federazione Internazionale di Pallavolo assegna lo stesso premio sia agli atleti di sesso maschile che alle atlete di sesso femminile fin dal 2004. Nello specifico, nel 2015, la squadra maschile e la squadra femminile che hanno vinto sono state premiate entrambe con 60.000 dollari.
La World Surf League ha invece modificato la struttura del proprio premio di recente, e tutti gli atleti hanno iniziato a ricevere lo stesso importo a partire dal 2019. La WSL ha dovuto affrontare anche critiche per le sue maggiori attenzioni ai surfisti di sesso maschile rispetto alle surfiste di sesso femminile, uno squilibrio di genere che può essere osservato nelle principali qualificazioni di tutto il mondo. Nel 2016, le iniziative per affrontare il divario retributivo di genere nel surf e i guadagni delle donne sono aumentati in modo significativo. Secondo la nuova regola, il guadagno medio degli uomini è pari a 551.000 dollari all’anno, mentre quello delle donne ammonta a 275.500 dollari all’anno.
Il World Padel Tour, la competizione di padel professionistico più importante al mondo, ha invece annunciato l’8 marzo 2022 la stessa cifra per il premio dei giocatori di sesso maschile e per le giocatrici di sesso femminile.
Il divario retributivo è però presente anche nelle altre posizioni del settore sportivo.
Un recente sondaggio ha infatti rilevato che le manager e le coordinatrici di eventi sportivi guadagnano rispettivamente 82 e 92 centesimi per ogni dollaro guadagnato da un uomo che ricopre lo stesso ruolo.
Esistono poi disparità salariali anche tra allenatori e allenatrici. Uno studio condotto da Division One ha rilevato che il divario è anche maggiore in questi casi rispetto a quello tra atleti e atlete.
Uno studio condotto presso l’Università del Colorado ha preso in esame un campione di 72 allenatori di basket, ed è uscito fuori che gli allenatori maschi hanno guadagnato una media di 2.716.191 milioni di dollari, mentre le allenatrici donne hanno guadagnato molto meno, all’incirca 689.879 dollari.
Gender pay gap: cosa si può fare per risolvere il problema?
Dalla storica lettera di denuncia di Serena Williams a The Guardian, fino ad arrivare alle calciatrici americane che hanno fatto causa alla loro stessa federazione a causa di discriminazione di genere, gli esempi di donne che stanno lottando per cambiare lo status quo sono tanti.
Che questo sforzo non abbia ancora portato a troppi risultati concreti è perché il divario salariale di genere è un problema strutturale, con radici assai profonde.
Il problema di fondo è l’idea che tale divario sia quasi “giusto” in quanto lo sport femminile è comunemente meno seguito, perché meno spettacolare e meno atletico. Le donne sono sempre state viste come più lente e più deboli.
Quando si affronta quindi questo tema è importante ricordarsi che è il frutto di una serie di discriminazioni, che trovano origine in una concezione sbagliata dell’atleta, in quanto fortemente stereotipata.
Solo quando lo sport maschile smetterà di essere visto come il punto di arrivo, e diventerà soltanto una delle tante possibilità dell’esperienza sportiva di chiunque, ogni divario tra uomo e donna smetterà di essere giustificabile. E così, forse, cesserà di esistere.