Home NBA, National Basketball AssociationNBA TeamsChicago Bulls ESCLUSIVA – Quattro chiacchiere con Dario Vismara
Dario Vismara

Le NBA Finals 2016 in salsa prettamente thrilling hanno chiuso una stagione entusiasmante, suggellata appunto con il successo storico dei Cleveland Cavaliers sui Golden State Warriors firmatari del record 73-9. Per l’inizio delle nuove ostilità manca ancora troppo tempo, tuttavia altre vicissitudini hanno smosso una calma apparente ed hanno tenuti occupati gli addetti ai lavori: il draft, la free agency, alcuni provvedimenti presi dalla lega. E non è ancora finita. Su tutto questo è voluto intervenire Dario Vismara, in un‘intervista esclusiva rilasciata a ‘NBAPassion.com‘. Il caporedattore della sezione basket de L’Ultimo Uomo, nonchè redattore per ‘Rivista Ufficiale NBA‘ e collaboratore per ‘Gazzetta.it’, è intervenuto sul passaggio di Kevin Durant ai Warriors e su quello di Dwyane Wade ai Chicago Bulls. Spazio anche per un commento sull’ultimo draft, sul ritiro di Tim Duncan e su una sempre più lampante evoluzione del gioco del basket.

Dario Vismara.

Dario Vismara.

Riavvolgiamo il nastro. I Cleveland Cavaliers sono diventati campioni NBA, ribaltando la serie sul 3-1 a favore dei Golden State Warriors. Il tutto grazie anche al contributo maniacale di LeBron James, che ha mantenuto la promessa fatta ai sostenitori della franchigia e compiuto una delle imprese più rilevanti della storia dello sport americano. Quali sono state le chiavi che hanno permesso a Cleveland di portare a casa l’Anello? Perché secondo te Golden State non è riuscita a chiudere la serie?

“Più che le chiavi, direi che la chiave è stata solo una: LeBron James. Non so se abbiamo mai visto una serie di playoff come quella giocata da LeBron, e probabilmente non ne rivedremo mai una così — e non solamente per averla guidata in punti-rimbalzi-assist-recuperi-stoppate. Rispetto all’anno scorso ha avuto più supporto, soprattutto quel secondo palleggiatore che gli era mancato un anno fa in Kyrie Irving — che ha segnato canestri incredibili, tra cui quello che poi ha effettivamente vinto il titolo — e tutti gli altri del supporting cast, da Tristan Thompson (chiave tecnica della serie per la capacità di cambiare sui piccoli e di attirare corpi su di sé a rimbalzo offensivo) a JR Smith fino a un impronosticabile Richard Jefferson.

E pure Kevin Love, con quella difesa finale su Curry, ha riscattato una serie con più ombre che luci, pur in un ruolo non proprio consono alle sue caratteristiche.

Per quanto riguarda Golden State… è logico che la squalifica di Draymond Green per gara-5 abbia avuto il suo peso, ed è la prima cosa che mi viene in mente perché senza di lui (e senza Bogut, infortunatosi in quella partita) LeBron e Kyrie sono arrivati con molta più facilità a concludere in area, trovando un ritmo di gioco che hanno portato poi anche a gara-6 e 7. Ero comunque convinto che sarebbero riusciti a portarla a casa, invece alla fine sono stati tramortiti dall’attacco ripetitivo dei Cavs e non hanno avuto l’apporto di uno Steph Curry lontano dagli standard visti in regular season, quando comunque con la sua stagione incredibile aveva nascosto un po’ di polvere sotto il tappeto, mentre non gli è riuscito in finale.

Detto questo, erano pari a 50 secondi dalla fine di Gara-7: non è che sono stati spazzati via dal campo in 4 partite, bisogna anche mettere in prospettiva un titolo perso negli 3 possessi”.

Il colpo più eclatante della free agency 2016 è stato l’approdo di Kevin Durant ai Golden State Warriors. Te l’aspettavi questa scelta? Steve Kerr faticherà ad integrare il nuovo arrivato nel suo sistema di gioco? Quanto è alto il rischio di un flop? Quali sono stati secondo te i motivi che hanno spinto il numero 35 a lasciare OKC?

“Paradossalmente perdere il titolo quest’anno si è rivelata la miglior cosa per vincerne altri in futuro, almeno sulla carta. Non so se KD sarebbe andato a Golden State se avessero vinto — magari sì eh — e, per rispondere alla domanda, non mi aspettavo questa scelta: pensavo avesse ancora un “conto in sospeso” a OKC per darsi un altro anno e provare a vincere il titolo con quella squadra e quella città, ma evidentemente la prospettiva di vincere subito, vincere per più anni e vincere con una squadra mai vista prima era troppo allettante per lasciarsela sfuggire. Non credo che Kerr avrà tutti questi problemi a integrare Durant fintanto che Durant manterrà fede alla vulgata che sta girando in queste settimane — vale a dire che sia tremendamente attratto dal movimento di palla e dalla condivisione dell’attacco degli Warriors.

Fintanto che gli sta bene giocare così, il rischio di flop mi sembra piuttosto basso: magari non segnerà 30 punti a partita come piacerebbe ai giocatori di fantabasket, ma finché hai tiro, puoi integrare qualsiasi pezzo. E questi Warriors hanno tre dei migliori cinque tiratori della Lega a star bassi”.

Dwyane Wade ha in un certo senso spiazzato tutti lasciando i Miami Heat e approdando ai Chicago Bulls. La sua è stata una sorta di scelta di vita, visto che è tornato a casa. Come farà Fred Hoiberg a gestire il nucleo composto dallo stesso Wade, Rajon Rondo e Jimmy Butler?

“Ecco, parlando di tiro: quel trio potrebbe essere quello peggio assortito di tutta la Lega. Non ho veramente idea di come riusciranno a rendere efficiente quella squadra, visto che tutti e tre hanno bisogno del pallone nelle mani per avere un senso e solo Butler è un difensore sopra media a questo punto della sua carriera. Inoltre, sono tre tipetti di un certo carattere, e Hoiberg ha avuto enormi problemi nella sua prima stagione a gestire lo spogliatoio, inimicandosi praticamente subito i suoi leader. I nomi sono altisonanti, il fit decisamente meno”.

Parliamo di mercato in generale: sulla carta, quale squadra si è mossa meglio per te, andando a prendere elementi funzionali al proprio progetto? Quale team invece ha fatto operazioni avventate?

“Lasciando da parte Golden State che ovviamente ha vinto la free agency, sono molto intrigato dagli Utah Jazz che hanno aggiunto tre elementi di esperienza come George Hill, Joe Johnson e Boris Diaw a un gruppo che aveva bisogno esattamente di tre giocatori con le loro caratteristiche. Sarei shockato se rimanessero fuori dai playoff, a meno di infortuni catastrofici. Mi piace anche Memphis, ma più per l’iniezione di energia di due rookie come Wade Baldwin e Deyonta Davis che non necessariamente per il massimo dato a Parsons.

Per quanto riguarda le operazioni avventate, oltre ai Bulls della domanda precedente, direi i Lakers (il contratto di Mozgov grida ancora vendetta, più per le tempistiche che per i soldi, che pure sono tanti per uno che non è riuscito a stare in campo per gran parte della scorsa stagione) e i Clippers, che hanno perso Cole Aldrich (forse il miglior panchinaro della loro scorsa stagione, anche meglio di Jamal Crawford) e Jeff Green (per il quale avevano dato via una prima scelta giusto quattro mesi fa) inserendo solo Speights. Un po’ poco”.

Draft NBA: Ben Simmons e Brandon Ingram sono i talenti più promettenti di questa ultima tornata. Cosa ti aspetti da loro? Quale altro rookie, tecnicamente parlando, ha le carte in regola per diventare una vera e propria stella? Tra le possibili steal chi ci metteresti?

“Quello che mi aspetto da qualsiasi altro rookie: una stagione di alti e bassi con qualche lampo per poter far ben sperare nel futuro e costruire qualcosa. In generale, meglio partire forte e poi vivere di rendita per i mesi successivi quando si fa ovviamente un po’ più fatica (Porzingis insegna). Avranno entrambi da subito dei ruoli importanti per le loro squadre, ma non li vedo trascinare Sixers e Lakers anche solo oltre le 30-35 vittorie — nel qual caso, sarebbe un ottimo risultato.

Tra gli altri sono abbastanza convinto che Kris Dunn farà fuoco e fiamme negli intrigantissimi T’Wolves di Thibodeau già dal prossimo anno, mentre tra le steal metterei Skal Labissiere se solo non fosse finito ai Sacramento Kings… perciò vado con Deyonta Davis: se gli insegnano a fare solo le tre cose che deve fare bene, per me è uno che in NBA ci sta alla grande”.

Il basket, come tutti gli sport, si sta evolvendo, basta vedere la sempre più crescente importanza del tiro da tre e i sempre più frequenti assetti ‘small ball’ utilizzati da varie squadre. C’è chi dice che sia un cambiamento positivo, chi negativo. Tu cosa ne pensi?

“Un cambiamento non è mai positivo o negativo: è un cambiamento, punto. E in quanto tale dobbiamo registrare il fatto che è successo, trovarne le ragioni e accettarlo. Se le squadre NBA — che sono gestite da persone pagate milioni di dollari per fare il loro lavoro — decidono che quella maniera è la migliore per attaccare e costruire le loro squadre, un motivo ci sarà pure. Questo non significa che non si possa avere successo con una strutturazione più classica anche in questo momento storico: i San Antonio Spurs hanno vinto 67 partite giocando stabilmente con due lunghi come Aldridge e Duncan (farewell, Timmy), e hanno perso ai playoff perché sovrastati dalla combinazione di due centri come Kanter e Adams.

Il fatto che gli Warriors stiano mettendo a ferro e fuoco la Lega con Draymond Green da centro non significa che tutti possano o debbano giocare così, perché semplicemente non esiste un altro Green (o un altro Curry, se è per quello). Quello che è certo è che le squadre più forti devono avere un roster tale da poter giocare in maniere differenti per arrivare fino in fondo: la versatilità è la chiave di qualsiasi squadra che vuole vincere, e gli specialisti che fanno una sola cosa o giocano una sola metà campo sono destinati a scomparire. A me pare una cosa positiva, tutto sommato”.

La NBA ha cambiato le regole riguardo il famigerato Hack-a-Shaq, aprendo un lungo ed arduo dibattito. Qual è il tuo pensiero in tal senso? Adam Silver ha detto inoltre che la crezione dei cosiddetti super team (vedi Golden State) non giova alla lega e che si farà in modo di mantenere un certo livello di competitività: come sarà possibile una cosa del genere? Mica possono impedire ad un free agenti di non firmare per una determinata squadra…

“Sull’Hack-a-Shaq: io sono della stessa opinione di Silver, ovverosia che con questo cambiamento è stato fatto troppo poco — bisognava andare fino in fondo ed eliminare del tutto la possibilità di fare fallo lontano dalla palla. Semplicemente, non è un’azione di pallacanestro andare ad abbracciare un cattivo tiratore di liberi (o anche solo uno mediocre, visto che lo si è fatto anche per Tristan Thompson, per dire) per mandarlo in lunetta. Secondo me è contro lo spirito del gioco ed è oggettivamente inguardabile per il prodotto-NBA: non so se vi è mai capitato di guardare una partita con un non-appassionato, ma mi sono ritrovato in difficoltà a spiegare il motivo dei continui primi piani di DeAndre Jordan. Il basket è uno sport dinamico e spettacolare: l’Hack-a-Shaq lo rende il contrario, perciò ne penso tutto il male possibile.

Per quanto riguarda la seconda parte: no, ovviamente la NBA non può impedire ai free agent di andare dove vogliono, ci mancherebbe. Adam Silver ha detto quelle cose perché parla per conto dei 30 proprietari NBA, ed è normale che gli altri 29 siano incazzati neri per la creazione di una super-potenza come GSW — perché, banalmente, diminuisce e di molto la loro possibilità di vincere l’unico trofeo che la NBA mette in palio ogni anno e a cui tutti necessariamente devono puntare.

C’è da considerare però la congiunzione particolarmente sfortunata di questo mercato: l’innalzamento del cap di 24 milioni da un anno all’altro ha fatto modo che (quasi) chiunque potesse creare spazio salariale per un max contract con uno sforzo minimo, dando la possibilità a una squadra come Golden State di aggiungere uno come Kevin Durant. Ed è ovvio che sia successa una brutta cosa per l’equilibrio competitivo della Lega, o anche solo per la distribuzione del talento: 4 dei migliori 20 (per non dire 15…) migliori giocatori della Lega giocano ora nella stessa squadra, ed è normale che le altre 29 non ne siano contente”.

Un tuo commento sul ritiro di Tim Duncan?

“Basta ascoltare la fine del podcast di Woj con R.C. Buford, costretto a finire dopo mezz’ora scarsa perché il GM è scoppiato in lacrime. Non credo ci sia bisogno di altre parole”.

 

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1 commento

Marco 28 Maggio 2018 - 22:41

Ciao Dario ho appena letto il tuo articolo (non questo) su LBJ su sky sport NBA e ti volevo fare i miei più vivissimi complimenti.

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