Il giorno dopo è un uppercut da mandare al tappeto. No, non tanto per il possibile viaggio olimpico rimandato di altri quattro anni, quello semmai è un rimpianto momentaneo, perché magari nel 2020 a Tokyo avremo una squadra ancora più forte di quella attuale, chi può dirlo. Il problema di questa eliminazione è una vocina dentro che mormora come si sia chiuso presto e male (o male e presto) quello che era programmato per essere un ciclo.
Nulla ci scrolla infatti di dosso la sensazione che la permanenza di Ettore Messina alla guida dell’Italia fosse legata alla conquista del pass per Rio, non perché da lui ci si aspettasse la qualificazione a ogni costo, ma perché lo stesso coach l’ha sempre vincolata alle volontà degli Spurs, che in fondo sarebbero poi quelli che mensilmente gli pagano lo stipendio: già strapparlo ai texani quest’estate si è rivelata un’impresa, difficilmente replicabile senza un risultato a giustificarla. A San Antonio nel giro di qualche mese si sono ritrovati con capo allenatore e primo assistente entrambi commissari tecnici. Un discreto onore, che rischia però di trasformasi in onere per la federazione con minor potere politico, e dato che Popovich dal 2017 allenerà la selezione più forte del mondo, logica vuole che sia quella tricolore.
Ci immaginiamo la scena: la dirigenza di San Antonio convoca Messina e gli esprime più o meno questo concetto: “Senti, non vorrai mica lasciare che iniziamo il training camp senza i nostri primi due allenatori? Tra l’altro visto che stiamo pensando di lasciarti in eredità il tutto quando Pop deciderà che ne ha a basta”. Non è detto che vada esattamente così, o che le volontà siano proprio queste, ma è una delle possibilità, nemmeno troppo remota a pensarci bene. Il nostro attuale ct sarebbe quindi posto di fronte ad una scelta, e logica farebbe supporre che il vaso di vetro sia la FIP e il vaso di coccio. Si tratta di ipotesi, nulla di più, perché se alla fine si riuscisse a trovare una soluzione condivisa sarebbe festa grande di qua e di là dall’oceano.
E se la soluzione non si trova? Molto probabilmente si dovrà cercare altrove un nuovo commissario tecnico. L’idea più allettante sarebbe ovviamente Sergio Scariolo, già vincitore di tre allori europei alla guida della Spagna, con cui cercherà di strappare ai favoritissimi americani l’oro olimpico. Il coach bresciano potrebbe anche salutare la compagnia se l’impresa non dovesse riuscire, con magari la federazione spagnola che punta su un nome autoctono come quel Xavi Pascual appena liberato dal Barcellona. In uno scenario del genere la FIP sarebbe certamente pronta a proporre a Scariolo la guida dell’Italia. Se no, altro tecnico dal carisma internazionale è Andrea Trinchieri, che ha vinto con il Brose Bamberg gli ultimi due campionati tedeschi, ha fatto cose mirabili in Eurolega e ha già avuto esperienze come ct (con la Grecia, Eurobasket 2013).
Qualche plausibile candidato lo troviamo anche entro i nostri confini. Meo Sacchetti, per dire, inventore della Sassari dei miracoli e fautore di un gioco “corri e tira” che, viste le caratteristiche degli uomini a disposizione, potrebbe finire per polarizzare i pregi e nascondere i difetti degli azzurri. Stesso discorso vale per Stefano Sacripanti, il quale tra l’altro molti dei ragazzi di ora e del futuro prossimo li conosce per averli allenati nelle selezioni giovanili: la sua impostazione è meno votata al contropiede primario ma impone comunque una circolazione di palla rapida, e non è un caso che Avellino quest’anno sia stata la squadra migliore da vedere, con un gioco che riusciamo a descrivere solo con l’aggettivo “intenso”. Una chance la meriterebbe, nel caso, anche Piero Bucchi, coach navigato, che da Rimini a Brindisi, da Treviso a Napoli, da Milano a Roma, ha sempre strutturato le sue squadre a seconda di quelle che erano le qualità del roster. Finiti tutti? Dimenticato nessuno? Ah sì, uno sì. Un certo toscano ora a Gerusalemme che sarebbe ancora nei quadri dirigenziali FIP come Supervisore tecnico delle Nazionali.
Dite che è impossibile? Sarà, ma noi dalla Federbasket abbiamo imparato ad aspettarci di tutto…