Ci sono volute partenze eccellenti, infortuni vari di mezza squadra e la necessità di impostare uno stile di gioco diverso da parte del coach Messina, ma il risultato finale è che probabilmente Milano e l’Olimpia hanno riscoperto il vero top player da Eurolega arrivato lo scorso anno a Milano per guidare la squadra di Armani al vertice europeo, Nikola Mirotic.
Ci ha messo quasi un anno e mezzo, ma nelle ultime settimane il giocatore montenegrino ha finalmente mostrato al pubblico milanese, al Forum o davanti ai teleschermi per le partite in trasferta, perché sia ancora oggi uno dei 10 giocatori più pagati dell’Eurolega. La scorsa stagione Mirotic era arrivato come l’acquisto estivo più importante, il top player destinato finalmente a condurre Milano e l’Olimpia al vetrice europeo dopo un annata molto deludente. Sappiamo tutti come è andata a finire. Una campagna europea molto complicata, una convivenza tattica complessa con Melli, un enigma tattico nel tentativo addirittura di mettere in piedi un quintetto dalle dimensioni enormi che lo avrebbe visto persino giocare da “3”, qualche dubbio persino sulla sua capacità di essere un leader ed il go to guy nei momenti topici della partita, un lungo infortunio legato ai postumi di vari acciacchi ai tendini d’achille che si trascinava dalla stagione precedente.
Non troverete però nulla di questo nelle cifre della stagione scorsa, perché Nikola Mirotic ha viaggiato sugli stessi numeri del quadriennio stellare al Barcellona per punti, rimbalzi, percentuali da 3 e dai liberi.
Una stagione dunque statisticamente quasi ineccepibile, ma per tutto l’anno è rimasta la sensazione che il giocatore montenegrino con passaporto spagnolo non fosse quello straordinario valore aggiunto che la Milano cestistica si aspettava che fosse, a parte probabilmente la serie finale contro la Virtus, culminata in gara 4 con 30 punti, 12 rimbalzi e 12 falli subiti, prestazione che non ha fatto altro che alimentare i rimpianti per ciò che la stagione avrebbe potuto essere è non è stata.
Persino ad un certo punto l’impressione che il regalo del patron Armani alla propria squadra non fosse stato neanche troppo gradito tatticamente e tecnicamente dal tecnico e neanche da alcuni giocatori in termini di equilibri di spogliatoio e minutaggi.
Una stagione dunque statisticamente quasi ineccepibile, ma per tutto l’anno è rimasta la sensazione che il giocatore montenegrino con passaporto spagnolo non fosse quello straordinario valore aggiunto che la Milano cestistica si aspettava che fosse, a parte probabilmente la serie finale contro la Virtus, culminata in gara 4 con 30 punti, 12 rimbalzi e 12 falli subiti, prestazione che non ha fatto altro che alimentare i rimpianti per ciò che la stagione avrebbe potuto essere è non è stata.
Nikola Mirotic: con l’Olimpia Milano 2024/2025 una nuova partenza
In estate il front office di Milano ha lavorato per fare chiarezza, ha assecondato la volontà del coach di ringiovanire la squadra facendo scelte nette ed ha operato con forza sul mercato
C’è stato l’addio di capitan Melli, mossa che ha dato ancora più spazio a Mirotic, è tornato LeDay per dare profondità ed affidabilità al ruolo di 4 nelle rotazioni Olimpia e soprattutto finalmente Milano ha investito su un centro dell’élite europea, Josh Nebo, affiancandogli un prospetto interessante e dal pedigree tutt’altro che modesto con McCormack, il quale però è stata la terza scelta della dirigenza e che è già stata accantonata, con il lungo ex Galatasaray che è stato firmato dall’Alba Berlino. Si è poi deciso di usare lo spot da italiano per un altro prospetto come Diop, che sta facendo vedere buone cose anche in Eurolega, mantenendo Caruso.
Contestualmente sono stati lasciati andare i veterani Hines e Baron, non si è provato più di tanto per trattenere Napier e forse l’unico vero rimpianto è stato non essere riusciti a tenere l’eclettico Hall.
Semmai i dubbi di Milano riguardavano il backcourt, costruito con un giocatore come Dimitrjevic mai visto a livello di Eurolega, da un giovane dal grande talento atletico come Bolmaro sulla cui costanza di rendimento si potevano avere dei dubbi, su una guardia tiratrice come Armoni Brooks che nessuno aveva mai visto prima in Europa e persino sul rischio di non avere un vero e proprio backup per il frequentemente acciaccato Shields in ala piccola.
La stagione era pure cominciata con i buoni auspici di una sontuosa vittoria in trasferta nella Supercoppa di Bologna, vinta con gioco e carattere rientrando da un -16, ma da lì in poi la stagione di Milano è sembrata ricalcare la trama del film The Groudhog Day, nel quale il protagonista Bill Murray rivive all’infinito la stessa giornata.
Sconfitte in serie in campionato a Trento, Scafati e Trieste, travolgenti sconfitte contro alcuni colossi dell’Eurolega come Monaco, Olympiakos ed Efes, la traumatica rimonta di 26 punti subita in casa in 13 minuti dal Kaunas di Trincheri, intervallate da qualche vittoria vissuta sempre con il patema d’animo della rimonta finale degli avversari, come poi è effettivamente realmente successo con la cenerentola dell’Eurolega , l’Alba Berlino.
In mezzo un altro grande classico delle ultime stagioni milanesi: un’ecatombe di infortuni, che hanno colpito Shields, Bolmaro, Dimitrjevic, Diop, McCormack e soprattutto Nebo.
La resilienza dell’Olimpia e le soluzioni di Messina
Il principio della resilienza cita “la vita è fatta per il 10% da ciò che fai e per il 90% da come reagisci a ciò che ti accade”. Se questo principio è valido, l’Olimpia , il suo coaching staff ed i giocatori, hanno dimostrato di essere resilienti.
Giocare senza i due centri, uno per un grave infortunio (Nebo), l’altro (McCormack) per palese inadeguatezza tecnica ad alti livelli nonostante le buone premesse, hanno obbligato Milano a giocare small ball, usando Mirotic e LeDay sotto canestro.
Contestualmente l’assenza di Shields ha permesso di liberare il potenziale offensivo: ha creato spazio per Brooks, ha creato maggiori spaziature, ha bloccato meno la circolazione della palla, permettendo all’Olimpia di sfruttare le caratteristiche delle proprie guardie in transizione, di fare attacchi meno statici, con maggiore fluidità.
Ed è in questo contesto che anche il front office ha pescato il jolly con Mannion, benché con molti dubbi da parte della piazza milanese, che aveva visto il giocatore fallire i suoi precedenti appuntamenti ad alto livello con il basket europeo, prima al Baskonia e poi a Bologna sponda Virtus.
Il giocatore italo-americano si è esaltato in questo stile di gioco e, tranne la prestazione incolore a Berlino, ha sempre offerto un contributo importante in tutte le ultime vittorie della squadra di Messina.
Ovviamente non sono tutte rose e fiori, perché se è vero che un quintetto con Mannion, Brooks, Shields (atleticamente recuperato, cosa lontanissima dalla realtà attuale), Mirotic e LeDay è difficilissimo da decifrare per le difese avversarie, è altrettanto vero che sotto canestro in difesa si soffre come matti il divario in centimetri, ma soprattutto in kg, con gli avversari.
Ed è in questo contesto che Nikola Mirotic è emerso come il top player che tutti aspettavano nell’Olimpia Milano, inanellando prestazioni oltre i 20 punti regolari, lottando fisicamente sotto canestro essendo quasi sempre il miglior rimbalzista della partita benché non sia proprio nel suo DNA, lavorando bene in attacco e prendendosi i tiri nella maniera giusta, uscendo dai blocchi o su degli scarichi e non da fermo o ricevendo palla in post basso, dove non ha i kg ed i movimenti del centro moderno potente.
Ma è anche cambiato l’atteggiamento: il body language, oggi, sembra veramente quello di un leader, magari meno vocale, fisico e carismatico di quanto lo è stato Melli negli ultimi anni, ma comunque capace di dare sicurezza ad una squadra giovane e che può solo crescere.
I segnali sono incoraggianti, la grande sfida di coach Messina sarà non perdere questa identità anche quando tornerà Nebo e tornerà ad essere in forma fisica Shields e vorrà di nuovo la palla in mano per i 10 secondi finali di ogni azione offensiva decisiva della squadra.
Il rimpianto per le 2 sconfitte allucinanti in Eurolega con Kaunas e Berlino rimane, perché oggi con quelle 2 vittorie praticamente certe l’Olimpia sarebbe 7-4 e totalmente in linea per l’accesso ai playoffs, ma certamente la situazione non è compromessa come lo fu nelle ultime due stagioni, quando l’accesso alla post season europea apparve immediatamente compromesso già alla fine del girone d’andata, nonostante i tentativi di rimonta con le addizioni di Napier.
Per sapere se sarà un fuoco di paglia o finalmente il risveglio europeo di Milano arrivano le prossime 6 partite di Eurolega prima della fine dell’anno, 5 delle quali contro squadre che stanno sopra in classifica: le corazzate Fenerbahce, Barcellona e Panathinaikos e le “sorprese” Stella Rossa e Bayern, mentre appare ovviamente alla portata la partita con l’Asvel.
Probabile Milano le affronti con lo stesso roster della recente vittoria contro il Maccabi Tel Aviv: certamente ancora senza Nebo, probabilmente alcune ancora senza Bolmaro, con un Shields a mezzo servizio che rientrerà molto lentamente in forma, ma con l’inserimento del nuovo arrivato Gillespie.
Quello fatto vedere però a Belgrado, con Cremona e col Maccabi dalla squadra e da Mirotic in particolare, con anche l’enorme contributo tecnico di quello che è il vero leader emotivo della squadra, cioè Zach LeDay, lascia ben sperare. L’Olimpia Milano proverà a vivere un primo quadrimestre del 2025 con la concreta possibilità di riagganciare la post season europea dopo 2 anni sabbatici e deludenti.
Perché se l’inizio della stagione come scritto sopra ricorda il film di Bill Murray, non bisogna mai dimenticarsi che alla fine trova la soluzione per interrompere l’incantesimo e fidanzarsi con una bellissima Andy McDowell.