Olimpia Milano, con Nico Mannion “there is a new kid in town”. La cantavano gli Eagles, storica band di Hotel California, lo stato americano dal quale è partita la carriera di Nico Mannion, approdato a Milano dopo 6 mesi straordinari a Varese e le delusioni patite alla Virtus ed al Baskonia.
La guardia italo americana, arrivata poche settimane orsono alla corte di Messina con molte perplessità della piazza, si sta rivelando in queste prime uscite con l’Olimpia, fatta eccezione della pessima partita collettiva con l’Alba Berlino, come un’addizione importante nel roster milanese, ancora di più in un periodo nel quale gli infortuni hanno privato il coach di moltissime opzioni. Sono state soprattutto le due partite casalinghe contro Real Madrid e Maccabi, ed in parte anche la trasferta di Belgrado, a dare all’ambiente milanese la consapevolezza di essersi portati a casa un reale valore aggiunto, un giocatore capace di stare in campo in maniera importante in Eurolega, una competizione nella quale Mannion finora non era mai riuscito ad emergere.
I dubbi con i quali Nico Mannion era stato accolto a Milano venivano dai fallimenti delle esperienze bolognesi e basche, nelle quali, certamente anche a causa di alcuni infortuni, Mannion non era mai riuscito ad emergere ed era stato tenuto ai margini delle rotazioni in Eurolega e persino emarginato in panchina persino nelle serie di finale LBA contro Milano. Eppure stiamo parlando di una scelta NBA, passato comunque da una squadra come i Golden State Warriors, stabilmente in nazionale, nella quale peraltro ha più volte giocato un ruolo da protagonista quando non addirittura da eroe, come nella bolgia di Belgrado contro la Serbia. Gli stessi numeri di Mannion a Bologna ed in nazionale sono numeri di tutto rispetto nel basket moderno: un giocatore che viaggia a 10 punti di media sia nella regular season bolognese che in tutte le uscite con la nazionale, con quasi 5 assist e percentuali da 2 ed ai liberi di altissimo livello, accompagnate da percentuali da 3 ancora forse sotto il par per una guardia di alto livello. E aggiungiamo che in nazionale in circa il 20% delle sue uscite Mannion è andato oltre i 20 punti, spesso risultando il trascinatore, come ha dimostrato di poter fare praticamente tutta la stagione quando una squadra come Varese gli ha messo in mano le chiavi del gioco, ad onore del vero offensivamente molto “allegro”.
Ed allora cosa ha condotto la piazza milanese a storcere il naso di fronte all’arrivo di una ex scelta NBA dei Warriors, italiano e 24enne, che addirittura si dice per arrivare all’Olimpia abbia messo di tasca propria il 25% della clausola di rescissione che ha preteso Varese? Sono stati certamente i 2 anni a Bologna ed al Baskonia, nei quali è sembrato che il giocatore non potesse “stare in campo” a livello europeo, essendo anche chiuso alla Virtus persino in LBA nelle partite che contano e nella post season dalla presenza contemporanea di due guardie italiane di spessore, fisico ed esperienza, come Pajola e Hackett. La brevissima parentesi al Baskonia, con pochissimi minuti nel campionato spagnolo ed ancora meno in Eurolega non hanno fatto altro che rinforzare l’immagine di un giocatore incapace di ergersi a protagonista nell’elite del basket europeo. E le reputation sono dure da battere, ancora di più in una piazza esigente ed esperta come quella milanese, che saluta ancora con qualche lacrima il Chacho e vive con i ricordi di gioventù di Arsenio Lupin Mike D’Antoni del quale metà del pubblico del Forum aveva il poster in camera. Eppure era tanto tempo che un italiano in LBA non viaggiava a oltre 20 punti di media, risultando praticamente il miglior realizzatore della stagione. Questo all’inizio non è bastato a zittire le perplessità con le quali il suo arrivo alla corte di coach Messina è stato accolto da una Milano che stava facendo i conti con il terzo inizio di stagione problematico consecutivo, dopo le grandi aspettative con le quali le squadre del 2022, del 2023 e della stagione in corso si erano affacciate alla ribalta europea.
Olimpia Milano, il posto giusto e soprattutto il momento giusto per Mannion
Il paradosso di questa situazione è che, per un giocatore che voglia dimostrare di poter essere un leader di una squadra di vertice italiana e soprattutto europea, non sembrerebbe esserci posto peggiore, piazza peggiore e momento peggiore di arrivare all’Olimpia incerottata ed in fondo alla classifica di Eurolega e persino in sofferenza in alcune trasferte in LBA. Ed invece è stata proprio questa situazione ad esaltare Mannion ed a metterlo nelle migliori condizioni per emergere e mostrare il suo talento ed il contributo che può dare a Milano nella risalita europea e non solo. Infatti, in una squadra senza Nebo, con un McCormack ormai approdato all’Alba Berlino, senza Shields e nelle ultime uscite persino priva di Bolmaro, le scelte tattiche di coach Messina hanno messo Mannion nelle migliori condizioni per emergere e mostrare il proprio valore.
Mannion si è esaltato in un gioco che senza i centri e senza un giocatore come Shields che, pur eccezionale, blocca abbastanza la circolazione offensiva della palla, doveva per forza vedere nel ritmo, nella transizione e nella rapida circolazione della palla le proprie caratteristiche. Sono arrivate così le prestazioni straordinarie contro il Real ed il Maccabi, condite da punti, grandi penetrazioni, scarichi ottimi per alimentare le triple di Mirotic, LeDay e di un altro nuovo protagonista come Armoni Brooks, che ha anch’egli risposto molto bene allo spazio che gli è stato offerto dalle assenze di Shields e Bolmaro. La presenza di Mannion ha inoltre offerto nuove opzioni tattiche anche a coach Messina, permettendo a Bolmaro di giocare da swingman (come un tempo venivano chiamati i giocatori che giocavano da 2 e da 3), liberandolo da compiti di playmaking e permettendogli di difendere con maggiore intensità sulle guardie ed ali piccole avversarie. Lo stesso Dimitrjevic, che abbiamo visto recentemente con la sua nazionale poter essere uno straordinario attaccante, ha potuto in alcune fasi della partita giocare da guardia pura, un ruolo che gli è comunque congeniale e ne sfrutta le doti offensive e di tiratore.
Adesso arriva il bello, ma anche forse la parte più difficile
Saranno le prossime partite da qui a fine anno a dirci molte cose sull’Olimpia, sulle sue possibilità di rientrare nella corsa alla post season di Eurolega e quanto il Mannion eccellente visto in queste partite iniziali della sua avventura milanese, in un contesto tattico e di stile di gioco perfettamente confacente alle sue caratteristiche, potrà confermare le sue performance anche con un roster che si spera ritorni al completo. Perché se è vero che il rientro di Nebo appare molto lontano, Milano ha firmato Gillespie, sta ritrovando Shields a poco a poco e si spera ritroverà Bolmaro. Giocare con un vero centro e con Shields dalla forma fisica ritrovata potrebbe riportare Milano verso il gioco più prevedibile e compassato che ha contraddistinto l’inizio della stagione e questo potrebbe non essere perfettamente funzionale alla caratteristiche del play italo americano.
Certamente consentirà di chiudere un pochino le maglie in difesa e sotto canestro, ma potrebbe far perdere quella bella propensione alla transizione ed all’ottima circolazione di palla e spaziature che si sono viste in queste partite, che hanno peraltro anche favorito prestazioni offensive di grandissimo livello dei tiratori milanesi Mirotic, LeDay e Brooks. La risposta ce la daranno le 6 partite di Eurolega, 5 delle quali con squadre che navigano sopra l’Olimpia in classifica, che mancano alla fine dell’anno e persino la sfida casalinga di campionato con la Virtus. In attesa del rientro di quello che è stato la più grande addizione della stagione, cioè Nebo, un centro di livello europeo che mancava a Milano da tantissimo tempo, se l’Olimpia Milano saprà coniugare il basket pre Mannion con quello che ha offerto in questa fase problematica della stagione, le possibilità che l’Olimpia rientri nella lotta per i playoffs di Eurolega sono aperte. Ed in questo contesto anche le probabilità che Mannion possa essere un protagonista di questa rincorsa, che l’Olimpia Milano tenta invano da ormai due anni nonostante gli immensi investimenti della proprietà Armani