Home Eurolega Botta e risposta Banchi-Mike James: si gioca davvero troppo?

Botta e risposta Banchi-Mike James: si gioca davvero troppo?

di Stefano Giubertoni
Luca Banchi Mike James

L’allenatore della Virtus Bologna Luca Banchi lancia un grido di allarme sui calendari della stagione, la guardia del Monaco Mike James gli risponde che va tutto bene. Dove è la verità? Probabile che abbiano ragione gli antichi Romani: in medio stat Virtus! Interessante il botta e risposta Banchi-Mike James, in cui esprimono le proprie opinioni in merito alle tante partite a cui i giocatori sono oggi sottoposti nel corso della stagione europea.

Banchi prima, Mike James poi: la ricostruzione del botta e risposta

Il grido di allarme arriva da coach Banchi, dopo la partita di campionato contro Napoli, affrontata come spesso capita, con una rosa terribilmente accorciata dagli infortuni. Secondo il coach della Virtus, protagonista di un’Eurolega straordinaria sin qui, si gioca troppo e così facendo si mette in pericolo la salute fisica dei giocatori.

Banchi non sembra farne un problema di qualità del gioco, ma punta dritto al rischio di infortuni ed allo stress fisico a cui i giocatori, chiamati a competere su due fronti, campionato ed Eurolega, si trovano a dover far fronte ad una stagione che, in caso di percorso vincente nelle due competizioni, può persino avvicinare le 90 partite stagionali.
Nelle parole di del coach della Virtus Bologna, appare anche una critica a chi ha organizzato in questo modo la stagione dei grandi club europei, espressa in modo neanche troppo velato, mettendo in dubbio la volontà di affrontare il problema, una tematica che prima del coach italiano hanno affrontato anche grandi allenatori del calcio (Klopp, Guardiola, Sarri) o del rugby contro chi governa lo sport internazionale.

Se da Bologna echeggia questo grido di allarme, dal Principato di Monaco gli risponde uno dei migliori protagonisti del basket europeo di questo ultimo decennio, Mike James, che difende il modello attuale e rimanda ai giocatori il compito e la responsabilità di prepararsi adeguatamente sul piano fisico per affrontare delle stagioni intense e senza fine.
Queste le due tesi e le due posizioni, motivate e rispettabili entrambe: spetta a noi cercare di capire chi possa avere ragione e dove vi siano gli spazi per affrontare i temi che Banchi e James sollevano.

La stagione europea è troppo lunga e impegnativa?


Per chi gioca l’Eurolega, ed in misura minore anche per chi gioca le altre coppe internazionali, la stagione si sviluppa su circa 70 partite (regular season italiana ed internazionale, coppe italiane), che arrivano rapidamente ad 80 con i playoffs nazionali e possono avvicinare le 90 in caso di percorso virtuoso nella post-season della Turkish Airlines EuroLeague.
Le si affronta con roster abbastanza profondi ed equilibrati, di 16 giocatori, con la maggior parte dei giocatori in grado di tenere il campo in entrambe le competizioni, e con la possibilità anche di intervenire sul mercato in caso di necessità tecniche e/o di infortuni lunghi ed importanti.

Per chi, come tutti noi appassionati di basket, ha in testa la NBA, con le sue 82 partite di regular season in 180 giorni, da 48 minuti l’una, con serie di playoffs immediate al meglio delle 7 partite e con i migliori giocatori spessissimo oltre i 35 minuti di impiego medio, le parole di Banchi potrebbero suonare allora distoniche e la posizione di Mike James sembrare quella più equilibrata e corrispondente alla realtà.

Ma l’analisi necessita però di andare un po’ più in profondità, perché come si dice «il diavolo si nasconde spesso nei dettagli». James dice che il fisico lo si prepara nell’off-season per sopportare questo tipo di pressione fisica, ma fa riferimento alla off-season di un giocatore come lui o di giocatori americani ed NBA, abituati a staccare a maggio/giugno (fine aprile/inizio maggio per chi non entra nei playoffs o ne esce subito), riprendendo a settembre inoltrato.

Se dunque per 7/8 mesi un giocatore è «sotto un treno» con 3 partite a settimana a zonzo per gli States o per l’Europa (ormai dalla Spagna alla Turchia, da Bologna a Kazan, l’aspetto geografico è quasi comparabile con quello americano, anche se un Miami/Portland ancora non lo abbiamo), nei 3/4 mesi estivi può riposare il fisico, lavorarci sopra o andare in giro per tutti gli ippodromi europei bevendo il liquore tipico serbo per ricaricare le batterie. Potremmo persino arrivare ad aggiungere le questioni organizzative e le strutture a disposizione per rendere meno traumatica la stagione in NBA, come l’utilizzo di aerei privati delle franchigie, che hanno permesso di lavorare sul riposo ed anche su una tematica fisica spesso dimenticata, come la gestione del sonno, citata in moltissimi studi sul recupero fisico degli atleti.

Banchi, o chi come lui allena in Eurolega, deve gestire una rosa che al 60%-70% è composta da giocatori italiani o internazionali che se andrà di lusso avranno invece 30/45 giorni, spesso divisi in due parti nel corso dell’anno, per staccare complessivamente tra una stagione e l’altra, tra raduni con le rispettive nazionali, Preolimpico, Mondiali, Europei o Olimpiadi che si giocano nel corso della stagione estiva.
Paradigmatiche in questo senso le partenze stagionali di Virtus Bologna e Olimpia Milano, per restare in “casa nostra”, con la Virtus con pochissimi reduci dal mondiale filippino partita a razzo, mentre Milano con Melli, Ricci, Tonut, Lo e Voigtmann sulle ginocchia per 3 mesi nel post Mondiale.

Inoltre, contrariamente alla spesso allegra regular season NBA, le 34 partite della regular season di Eurolega sono 34 battaglie per la sopravvivenza e lo diventano anche le 30 del campionato italiano, che non sarebbero invece tali se affrontate con la migliore squadra, che non gioca magari due volte in Europa in settimana, non viaggia, si allena e dorme a casa (guarda caso nei playoffs le due grandi, se non distratte dalla post-season europea, vanno dritte in finale senza perdere un colpo e persino in finale quella che ha speso energie in Europa spesso viene spazzata via). Alla luce di queste analisi un pochino più fini, il ragionamento di Banchi allora diventa totalmente condivisibile perché guarda al complesso della stagione, includendo anche il calendario delle manifestazioni internazionali. Anche perché poi l’allenatore italiano (Banchi o Messina in questo caso) non può disporre del proprio roster come meglio crede in funzione degli infortuni, ma deve rispettare la regola dei 6 italiani minimo a referto, un paletto che comunque limita le proprie scelte (in Spagna, il paese di maggior successo della pallacanestro europea degli ultimi 15/20 anni, sono 4 e bastano 3 anni per diventare spagnolo).

Il modello Eurolega: marcia avanti o marcia indietro?

Si arriva infine al redde rationem del tema economico ed alla vile pecunia. Il modello Eurolega, nonostante qualche dubbio sul fatto che le società che vi partecipano siano tutte profittevoli, funziona, con palazzetti sold-out 17/20 volte a stagione, diritti televisivi dai mercati più importanti, persino un acquisto da parte di network americani.
A questo modello si è ispirato il rugby e vorrebbe arrivarci persino il calcio miliardario se non fosse osteggiato dal FIFA e UEFA, ci è andato il tennis ed il golf, dunque fare marcia indietro credo risulti impossibile.

Anzi, forse è proprio facendo «marcia avanti», allargando l’Eurolega a 24/30 squadre (l’esclusione delle squadre russe limita parecchio questa opzione), dividendole magari in 2 gironi e ampliando poi la post-season a vere serie modello NBA, che può alleggerire un pochino la stagione e venire incontro a chi si mostra preoccupato per la condizione fisica dei giocatori.
Anche perché poi chi va a vedere le partite di Eurolega o ne acquisisce i diritti di ritrasmissione ci va per vedere Milano o Bologna o qualunque altra squadra, ma al completo, con i grandi campioni presenti e non intristiti a bordo campo con infortuni più o meno gravi.

Il resto lo deve fare l’organizzazione internazionale del basket, ottimizzando il calendario delle manifestazioni internazionali, perché si tratta di una situazione in cui tutti rischiano di essere perdenti. Queste manifestazioni rischiano di vedere sempre meno la partecipazione degli atleti più importanti perdendo di interesse e chi di loro invece vi partecipa rischia di vedere la propria stagione successiva e quella della propria squadra di club pesantemente danneggiata.

You may also like

Lascia un commento