Forse ci siamo: dopo anni di crescita costante, seppur con più di qualche pausa nei playoff, i Toronto Raptors si sono finalmente presi il centro della scena. Nella Eastern Conference la squadra di coach Dwane Casey veleggia in prima posizione, e la situazione infortunati in casa Boston Celtics non lascia molto spazio ad eventuali rimonte dei verdi, momentaneamente distanti 5 partite dai canadesi. Se il fattore campo a est sembra cosa fatta (e ovviamente si tratterebbe di una prima assoluta per la franchigia), è bene far presente che gli unici ad avere un record migliore ad ovest sono gli Houston Rockets, a sole 2.5 partite di distanza: se ne deduce che Toronto, numeri alla mano, a 12 gare dalla fine della regular season, è una delle 3 squadre (gli altri sono i favoritissimi Golden State Warriors, attualmente appaiati ai Raptors con 52 W e 17 L) ancora in lizza per il miglior record assoluto; scenario impensabile, a inizio stagione.
Tutti questi traguardi sono ancora più sbalorditivi se si pensa alla storia dei Toronto Raptors (allergici ai playoffs almeno fino al 2013) in questa lega: solo 5 qualificazioni fra le migliori 16 in 18 anni, un dato che non faceva sperare nulla di buono per il futuro. E invece Casey prima e Masai Ujiri poi, hanno fatto centro laddove gli altri (Colangelo su tutti) avevano fallito, riuscendo ad attuare quel culture change necessario a invertire la rotta. In regular season non sono mai più scesi sotto le 48 vittorir del 2013/14, e con le 52 attuali (e momentanee) hanno scollinato quota 50 vittorie per la terza volta di fila.
Ma quali sono i numeri che spiegano, almeno in parte,questo fenomeno? Terzi assoluti nella classifica dell’kffensive rating con 114.2, quarti nel defensive rating con 105.2 (unica squadra nella top 5 di entrambe queste categorie), terzi per triple tentate (32.9), quarti per percentuale da 2 (54%) e secondi per quella relativa ai tiri liberi (80.3%), quarti per palle perse (13.2) e infine secondi per stoppate (6).
Le cifre appena citate sono già di per sé esaustive se si vuole sottolineare la bontà del lavoro dei Raptors. Non sono però casuali, anzi: dietro ad esse si cela la grande trasformazione che Dwane Casey e il suo staff hanno attuato in questa stagione. La squadra corre di più rispetto alle vecchie abitudini (pace salito da 94.7 a 97.6), perdendo relativamente pochi palloni (grazie a una folta schiera di buoni trattatori di palla come Kyle Lowry, Fred VanVleet, Delon Wright e lo stesso DeRozan) e cercando insistentemente il tiro dalla lunga (+8.6 tentativi rispetto al 2016/17). Pazienza se la mira da oltre l’arco non sia delle migliori (35.6%, 20esimi assoluti), perchè questo modo di giocare apre inesorabilmente gli spazi, migliorando la qualità dei tiri in avvicinamento (+0.4% nella percentuale da 2), e sfruttando inoltre la precisione dei tiratori dalla lunetta (ben 8 giocatori sopra l’80%). Questa ricerca quasi ossessiva (e sicuramente più immediata nello sviluppo dell’azione) del compagno meglio piazzato sul perimetro ha fatto salire vertiginosamente il numero di assist a partita (+5.4); una piccola rivoluzione se pensiamo al fatto che in questa particolare statistica i canadesi erano addirittura i peggiori della lega appena 12 mesi fa.
Tra tutti questi numeri è bene ricordare però i nomi che hanno effettivamente fatto il salto di qualità per permettere tutto questo: Fred VanVleet, CJ Miles, Jakob Poeltl, Pascal Siakam e Delon Wright rappresentano senza ombra di dubbio la second unit migliore della NBA. Oltre a ritagliarsi ruoli importanti accanto ai titolari (VanVleet è di fatto stabilmente nel quintetto che finisce le partite), questi 5 formano di per sé un quintetto letale, con un +25.3 di differenziale fra punti segnati e subiti (in 262 minuti, 2° quintetto più utilizzato in casa Raptors) che non ha eguali nella lega.
Tra le tante accortezze tattiche dei nuovi Toronto Raptors, una delle più lampanti è senza dubbio quella riguardante Jonas Valanciunas. Il lituano, molto discusso a inizio anno e a un passo dallo scambio con DeAndre Jordan a febbraio, ha ampliato il suo raggio d’azione aggiungendo il tiro da 3 al suo repertorio. La mole di tiri non è eccessiva (meno di un tentativo a partita), ma il 45% dalla distanza costringe i lunghi avversari a fare scelte diverse dal passato, consentendo a Toronto di approfittare di ulteriori spazi in attacco.
Qui il lituano arriva in semitransizione, e Gortat non ha la prontezza di accoppiarsi con lui a questa distanza dal canestro. Jonas non ci pensa due volte e colpisce dall’arco.
E sebbene questa squadra sia tutto tranne che un one man team, non si possono non elogiare gli straordinari progressi della sua stella. DeMar DeRozan ha saputo scendere a compromessi con questa nuova filosofia (-3.7 punti a partita) imposta da Casey, limitando la sua preoccupante tendenza agli isolamenti e sviluppando le sue abilità di passatore. Pur mantenendo ottime percentuali nel suo mortifero tiro dal midrange, adesso il 20% delle sue conclusioni sono tiri da 3, dato mai lontanamente avvicinato prima d’ora in carriera. Se aggiungiamo i 5.1 assist a partita, è evidente che siamo di fronte a un giocatore migliorato sensibilmente nella lettura del gioco.
Nell’occasione DeRozan intuisce che i pochi secondi alla fine avrebbero potuto mettere ansia alla difesa avversaria. Decide quindi di attaccare a testa bassa al centro, puntando sul fatto che i giocatori dei Pistons, in emergenza, collassino su di lui. E’ quello che succede: lo scarico per il liberissimo VanVleet all’angolo ne è la logica conseguenza.
Dopo la vittoria consecutiva numero 11 (record di franchigia eguagliato) della scorsa notte all’overtime contro i Dallas Mavericks, in casa Toronto Raptors c’è ancora più bisogno di mantenere alta la concentrazione. Lo scoglio playoffs è a un passo, ma stavolta Toronto non può più nascondersi dietro ai fallimenti del passato. Sia chiaro, lo spauracchio LeBron James rimane tale, perchè si tratta di un giocatore che con le sue squadre non perde una serie playoff a Est dal 2010, e merita perciò rispetto incondizionato. Non per questo, però, i Raptors dovranno comportarsi da sparring partner come fecero un anno fa: stavolta i protagonisti sono loro.