Alcuni dei trofei NBA più importanti prendono il nome dai giocatori che hanno scritto la storia del premio stesso. Ad esempio quello legato alla vittoria dell’ Mvp delle Finals è nominato “Bill Russell Trophy”, riprendendo dunque dalla leggenda dei Boston Celtics. Allo stesso tempo verrebbe da pensare al “Michael Jordan Trophy”, ovvero il premio che viene dato al miglior giocatore della stagione regolare. Uno di riconoscimenti che attualmente non è ancora stato legato ad un giocatrore in particolare è il premio del miglior sesto uomo dell’anno.
Proprio a riuguardo, è stato chiesto a Lou Williams (che in carriera è stato nominato 3 volte miglior sesto uomo dell’anno) chi, secondo il suo parere, tra tutti i giocatori NBA avrebbe dovuto affiancare il nome a questo trofeo: “Credo che i giocatori più indicati siano Jamal Crawford, Manu Ginobili e me stesso. Abbiamo scritto la storia di questo premio. Lo abbiamo reso uno stile di vita per tutti quei cestisti che non riuscendo a diventare delle superstar comunque vogliono avere un impatto importante nella propria squadra”.
Il ruolo del sesto uomo
Per anni il ruolo ricoperto da questi giocatori ha avuto un importanza fondamentale per i successi delle squadre NBA. Questo tipo di giocatore rappresenta molto spesso qualcuno che potrebbe tranquillamente giocare da titolare (come i tre riportati nelle parole di Lou Williams) ma che viene fatto subentare all’ interno della partita per tenere alto il ritmo e il livello medio proposto in campo. Altri esempi possono essere i vari Andre Iguodala o Shaun Livingstone per la dinastia dei Golden State Warrios, Eric Gordon per la Houston del 2018-19, ovvero giocatori con punti nelle mani e funzionali allo stile di gioco.
Il premio del miglior sesto uomo dell’ anno è la dimostrazione di come le squadre che ambiscono ad essere le migliori non debbano investire unicamente sulle superstar. Quelli citati in precedenza sono solo alcuni dei tanti esempi di come le vittorie dipendano anche dai giocatori di rotazione. Ragazzi che molto spesso non hanno i riflettori puntati, ma che da “dietro le quinte” sono parte integrante dei successi di una franchigia.