Ultima partita prima degli All-star games di Toronto per gli Oklahoma City Thunder ed i New Orleans Pelicans. Per la squadra guidata da Billy Donovan arriva la vittoria numero 40 in stagione, a fronte di solo 14 sconfitte. Percentuale di vittorie superiore al 70% che farebbe gridare a tutti “best team in the NBA”, se non fosse per i Golden State Warriors ed i San Antonio Spurs.
A dire il vero però OKC non potrebbe essere ugualmente definita come la squadra migliore. Non è dunque una questione di record, ma bensì una questione di gioco: il cambio in panchina da Scott Brooks a Donovan non sembra aver portato i frutti sperati. La partita viene affidata unicamente alle doti tecniche ed atletiche di Russell Westbrook e Kevin Durant. Il playbook offensivo prevede una monotona soluzione: palla in mano al numero 0 o al 35, pick-and-roll centrale o laterale e poi vediamo cosa inventano. Allora perché quest’anno la squadra sembra girare meglio rispetto agli anni passati? Semplice, la complicità tra KD e RW è arrivata ad i massimi livelli, rasentando la perfezione. Tra i 2 non sembra esserci più quella competitività interna di cui tanto ci si lamentava negli anni passati. Riescono a condividere al meglio i possessi, cercandosi e trovandosi alla perfezione (diversi giochi tra loro 2 nella partita hanno portato a molti punti facili). Se poi nei momenti di totale isolamento riescono a spezzare le difese ed eventuali raddoppi arrivando facilmente al ferro e se aggiungiamo il grande apporto fisico (sia difensivo che offensivo) che mettono in mostra Steven Adams e Serge Ibaka in ogni momento della partita, per le squadre avversarie è davvero difficile rimanere in gioco fino alla fine.
E’ quello che è successo stanotte ad i Pelicans di coach Alvin Gentry. Stagione iniziata male a causa di un numero considerevole di infortuni e, per tale motivo, di difficile valutazione. Non tutte le sconfitte possono essere però attribuite alle lunghe assenze di diversi giocatori chiave (Tyreke Evans ed Eric Gordon per ultimi). Il sistema che Gentry ha voluto importare dai Warriors di Steve Kerr sembra non funzionare. Prediligere le conclusioni dalla media-lunga distanza, a discapito dei giochi in post basso, non sembra essere la soluzione migliore. Colui il quale avrebbe dovuto compiere il passo decisivo verso il riconoscimento individuale più alto, Anthony Davis, ha faticato molto per tutta la stagione. Il suo long-range shot non ha trovato la continuità che tutti in casa Pelicans si aspettavano. L’indecisione inoltre di Gentry nel farlo giocare principalmente come power forward o centro non fa che peggiorare le cose. Non contribuisce a creare quella stabilità che per una franchigia così giovane risulta indispensabile. Schierare Omer Asik al fianco di AD e poi scombinare quasi subito le carte in tavola inserendo Ryan Anderson come stretch four sembra una chiara ammissione di insicurezza, frutto di un allenatore che non ha le idee chiare. Se poi aggiungiamo una serata storta al tiro per il nativo di Sacramento, il risultato finale non può che essere una sconfitta. Unica nota positiva è Jrue Holiday. Il recupero dell’ex Philadelphia 76ers procede bene. Per lui stanotte, partendo ancora dalla panchina, 23 punti, 6 assist, 4 rimbalzi e ben 5 palle rubate.
Migliori in campo: Durant e Westbrook. Per il primo ennesima gara da oltre i 20 punti (pur tirando malino dall’arco) mentre per il secondo altra tripla doppia sfiorata (23 punti, 10 rimbalzi e 9 rimbalzi in solo 28′ di gioco). Westbrook diventa inoltre il terzo giocatore nella storia del gioco a 27 anni (dopo LeBron James e Oscar Robertson) ad aver messo a referto almeno 12mila punti, 4mila assists e 3mila rimbalzi.