Partiamo dalla base: short roll. Che cos’è? Molto semplicemente un pick-and-roll veloce in cui il bloccante non taglia immediatamente verso il canestro ma rimane sul gomito (dove la linea del tiro libero incontra la linea di delimitazione dell’area) per aspettare un passaggio immediato. Questo tipo di soluzione permette una grande varietà di opzioni dopo il primo passaggio, che si può concludere con una penetrazione e attacco al ferro o diversi scarichi ai giocatori meglio posizionati. Ma vediamo nel dettaglio.
La spaziatura è la prima cosa: i due tiratori vanno negli angoli e il centro in area vicino alla linea di fondo. Il portatore di palla e il bloccante a quel punto fanno partire l’azione: il secondo porta il blocco al primo, ruota il corpo e rimane all’altezza del gomito invece di scattare verso il ferro. Il play a quel punto lascia andare il passaggio. Da qui la decisione deve essere fulminea. Il bloccante deve leggere velocemente le posizioni e decidere se passarla o, in caso di via libera, andare a canestro. Vista la distanza basta un solo palleggio o un terzo tempo immediato per il tiro.
Se invece le marcature si stringono sul bloccante, il giocatore deciderà sicuramente di passarla ad uno dei tiratori o più facilmente al centro lasciato solo in area, molto vicino al canestro.
Lo short roll ieri
Difficile trovare veri e propri short roll nel basket di qualche anno fa, eccezion fatta per parecchie giocate improvvise di uno dei tandem più forti di sempre. Lo Stockton-to-Malone infatti è stato coniato per via della quantità infinita di passaggi fatti dal play per la sua ala.
In molti casi la coppia ha usato con grande precisione il pick and roll, spesso anche nella sua versione più corta per permettere a Malone di sfruttare la sua versatilità. Il Postino infatti è stato perfettamente in grado di tenere medie assist più che discrete oltre ovviamente alla straordinaria capacità realizzativa. Molti dei suoi 36.928 punti a referto nei suoi diciannove anni di carriera sono arrivati dalle mani di Stockton e una parte di questi proprio utilizzando lo short roll. Si potrebbe dire quasi che loro due siano stati i padri fondatori di questo tipo di azione.
Lo short roll oggi
Se c’è una squadra odierna che ha fatto dello short roll un marchio di fabbrica è Golden State. Gli Warriors, grazie ad un giocatore dinamico ed intelligente come Draymond Green, hanno un’arma extra nel loro già ampio arsenale (almeno con la squadra in condizioni ottimali e senza infortuni). Lo short roll tra Steph Curry e Draymond è estremamente efficace e spesso anche spettacolare, col prodotto di Michigan State sempre pronto a sfruttare al massimo questo aggiustamento tattico. La capacità di passaggio, sia di Curry nel primo passaggio veloce che di Green nei successivi, è molto importante per far sì che la giocata riesca.
L’altissimo quoziente cestistico di Green gli permette spesso di raccogliere punti da questa azione, sia che sia lui a realizzarli, sia che li faccia realizzare ad altri. Un’azione standard, vista e rivista negli anni. Draymond porta il blocco a Steph, ruota e taglia sul gomito; Steph realizza il pocket pass (un passaggio difficile in uno spazio ristretto) e fa arrivare la palla al suo bloccante. Green a quel punto ha tre opzioni, tutte e tre usate con frequenza: scarico a Klay Thompson (o al tiratore libero), scarico al centro (spesso in alley-oop), attacco al ferro.
Il gran numero di assist distribuiti da lui deriva da una scelta più altruistica in questi tipo di situazioni anche se nei suoi primi anni non ha mai disdegnato una bella schiacciata, specialmente con l’area libera.
Arma vincente?
Anche gli Warriors hanno avuto le loro problematiche di recente e, una volta adattate le difese, questo tipo di giocata si è sviluppata ugualmente ma con meno frequenza. Ne abbiamo però parecchie dimostrazioni ancora adesso, nonostante l’annata non proprio fortunata dei ragazzi della Baia. La capacità di Steve Kerr di imporre il suo gioco e farlo assorbire al meglio ai suoi giocatori permette infatti che i Golden State Warriors siano in grado di eseguire gli schemi più complicati anche in situazioni difficili.
Per quanto riguarda le altre squadre, vedere questo tipo di soluzione è un po’ più insolito soprattutto per le diverse caratteristiche degli interpreti.
Non è infatti da tutti avere in roster fenomeni come Curry, Green e Thompson e l’elevata difficoltà e velocità dell’azione deve avere una lettura immediata da parte di tutti i componenti, cosa che non sempre avviene. Sicuramente questo tipo di tattica porta ottimi frutti alla squadra ma perché funzioni con costanza servono gli ingredienti giusti.