I Philadelphia 76ers stanno affrontando una stagione delicata, caratterizzata da problematiche esterne che stanno di fatto testando capacità manageriali e competenze professionali del un nuovo front-office capitanato dall’ex GM dei Rockets, Daryl Morey. Nonostante ciò, l’armata di Doc Rivers vanta di un record positivo che la piazza al primo posto nella eastern conference (12 vittorie e 6 sconfitte). Aldilà dei problemi extra-campo, infatti, stanno emergendo certezze e speranze di un roster capace di collezionare cinque vittorie su sei partite, all’interno di tre back-to-back di fila contro avversari diretti nella propria conference (Miami, Boston e Detroit).
Problemi di natura esterna a Philadelphia
L’odissea dei Philadelphia 76ers inizia l’8 di gennaio, quando il tampone positivo di Seth Curry aziona immediatamente i nuovi protocolli NBA di contact tracing, i quali costringono alla quarantena cautelare più di metà del roster. Per la partita successiva, al Wells Fargo Center, sarebbero potuti scendere in campo solo sette giocatori, di cui quattro matricole. Una consequenziale sconfitta quella contro i Denver Nuggets che assume un retrogusto dolce per l’ottima prestazione di Tyrese Maxey (39 punti, 6 assist e 7 rimbalzi) a dimostrazione di come Rivers possa contare su un nuovo jolly di rilievo all’interno del proprio scacchiere.
Non solo condizioni di estrema precarietà a livello di rotazioni, ma anche voci su potenziali trade hanno destabilizzato l’ambiente in Pennsylvania. Quattro giorni dopo, infatti, Shams Charania riporta su Twitter un’offerta portata avanti dal front-office dei Sixers. Lo stesso avrebbe messo sul piatto Ben Simmons e Matisse Thybulle al fine di poter acquisire le prestazioni di James Harden. Una trattativa sfumata, come è ormai noto, ma che certamente ha fatto chiarezza sulle intenzioni del front-office dei 76ers: ci vuole un’altra stella da accoppiare a Joel Embiid.
Prima dell’8 gennaio i Sixers vantavano di 7 vittorie e 1 sconfitta, Rivers stava trasferendo i suoi concetti mantra che mettevano al centro il gruppo come unicum imprescindibile. Il gruppo si è però andato smantellando causa malattie ed infortuni. Il periodo nero extra-campo è dunque coinciso con un filotto di 4 sconfitte in 5 partite per i Philadelphia 76ers. Il meccanismo interno si stava danneggiando.
Philadelphia 76ers: certezze
Dopo una settimana di sconforti e delusioni, il parziale di 5-1 nei tre fondamentali back-to-back contro Heat, Celtics e Pistons ha restituito a Rivers tutte quelle certezze che erano fino a quel momento venute meno. Un graduale rientro da parte di pedine fondamentali del roster (da Embiid a Simmons, da Harris a Milton, ed infine Korkmaz e Curry) ha regalato profondità al roster, permettendo ai singoli interpreti un’applicazione ottimale dei gesti tecnici sul parquet ma anche una progressiva integrazione dei concetti tattici e valoriali che coach Doc Rivers ed il suo staff stanno cercando di trasmettere.
Certo, gran parte dei meriti possono essere attribuiti al centrone nigeriano Joel Embiid che con prestazioni da MVP (27.7 punti, 11.5 rimbalzi e 1.4 stoppate di media a partita) sta mettendo in difficoltà tutti i propri diretti marcatori. “The Process” crea ed inventa con il suo estro dal post: costringe la difesa a raddoppiarlo così da poter servire il pallone per un tiratore smarcato fuori dall’arco (come succede spesso con Korkmaz o Curry); gioca in 1 vs 1 accoppiando con una singolare efficacia controllo del corpo ad imponenza fisica.
Il suo apporto risulta decisivo soprattutto nei momenti finali dei match, quando Embiid viene spedito costantemente in lunetta. La sua fisicità gli garantisce di ottenere 10.7 tiri liberi di media, con un tasso di finalizzazione dell’83.3% (massimo in carriera). Comincia ad intraversi dunque quella freddezza da killer di un vincente per natura: la medicina Doc Rivers sta facendo il suo corso.
Altra certezza su cui stanno cominciando ad investire i Philadelphia 76ers è il rookie selezionato con la scelta numero 21 da Kentucky. Tyrese Maxey si è guadagnato minutaggio nelle partite in cui il team ha dovuto soffrire grosse assenze. Oltre ad aver messo in mostra un ottimo tiro dal midrange (in controtendenza rispetto alla nuova classe di rookie) e buone capacità di playmaking, Maxey sta cercando di trovare la sua dimensione perimetrale all’interno di un sistema fatto di tagli e movimenti senza palla. Joel Embiid e Ben Simmons sono infatti due all-stars altruiste: premiano spesso i tagli di Thybulle, Green o Harris. Anche a Maxey toccherà imparare dai suoi compagni i vari movimenti senza palla per tiri in catch & shoot (conclusione che il giovane prova 1 sola volta su 4 in media nell’arco del match).
Sono infine i rientri di Curry e Korkmaz quelli che fanno ben sperare in Pennsylvania. I due stanno guadagnando sempre più minutaggio e affinando la mano per punti dalla panchina che stanno risultando fondamentali nei parziali di secondo e terzo quarto (53,7% e 30,3% nei tiri dall’arco rispettivamente per i due spot-up shooters in questi primi match disputati). Oltre a Danny Green, i Philadelphia possono adesso vantare di un comparto di tiratori complementari alla loro coppia di stelle.
Philadelphia 76ers: speranze
Ormai è diventata infinita la lista di coloro che pensano che Ben Simmons non diventerà mai quel giocatore che ci si aspettava diventasse. Si è tanto parlato della sua assenza di pericolosità fuori dall’arco che porta le difese a collassare in area e contrastarlo con maggiori facilità, ma questa stagione il problema sembra essere ancora più serio. Il suo apporto in termini di scoring si è abbassato notevolmente (12.8 punti a partita) soprattutto perché tira meno (con 8.8 tiri a partita, Simmons è il sesto giocatore per tiri tentati tra i Sixers) e gioca meno possessi (Simmons è il settimo giocatore dei 76ers in quanto a usage percentage con un 18.8%). Rivers sta ancora cercando di capire come farlo rendere maggiormente in attacco. “Meno pick n’roll, più percussioni in area, abbiamo bisogno di questo da lui sempre più spesso” – afferma l’ex coach dei Clippers.
D’altra parte, l’apporto difensivo di Simmons concede più possibilità per i propri compagni di risparmiare energie per la manovra offensiva. Il play australiano è infatti capace di accoppiarsi con l’attaccante avversario più pericoloso riuscendo a combinare aggressività, fisicità e furbizia. Basti pensare alla sfida contro Boston in cui Jaylen Brown (43 punti con 16 su 28 al tiro) avrebbe potuto aggiungere almeno altri 20 punti al proprio tabellino se non fosse stato per il cambio di marcatura adoperato da Rivers alla fine del secondo quarto. Simmons ha infatti asfissiato Brown con marcature fuori da qualsiasi manuale difensivo.
Ultima speranza su cui possono sperare i 76ers è riposta infine in Tobias Harris. L’ala tiratrice ex Clippers si sta dimostrando giocatore di cui Rivers fa sempre più fatica a privarsi (con 33.8 minuti a partita, Harris è il giocatore con più minutaggio del roster). Le percentuali al tiro da massimi in carriera che sta mantenendo (45,5% da tre punti, 90,3% dalla lunetta, 58,9% di percentuale effettiva dal campo) confermano che anche a lui la medicina Rivers sta piacendo particolarmente.
Harris sta trovando anche una sua dimensione all’interno del sistema difensivo dei 76ers: con 1.0 di palloni recuperati a partita è al suo massimo in carriera. Harris è infatti un difensore meno abile nell’1 vs 1, ma che riesce ad esaltarsi all’interno di un meccanismo difensivo fatto di rotazioni ed aiuti, potendo contare su atletismo e intuizione, che poi non sono altro le stesse caratteristiche di cui Harris può vantare nell’altra metà campo. Il nuovo coach dei Philadelphia sta dunque riuscendo a trarne sempre più beneficio affinché possa concretizzarsi la più grande delle speranze: Tobias Harris terzo violino di complemento ad Embiid e Simmons, per una squadra alla conquista del titolo.