LeBron James-Cavaliers qualcosa di più di un semplice legame, qualcosa di viscerale. Nel momento in cui il signor LeBron Raymond James, in quella notte del 19 Giugno 2016 nell’inferno di Oakland, è volato a tabellone per quella che è stata definita come “una Gioconda, non una stoppata”, probabilmente si è reso davvero conto di avere non solo una squadra intera sulle spalle, ma anche una città intera, se non addirittura uno Stato, quell’Ohio così lontano dai fasti gloriosi d’America celebrati a Manhattan o nella grandiosa opulenza californiana o hollywodiana.
LeBron James-Cavaliers: un uomo in missione
Da quando quest’uomo è sbarcato nel mondo NBA, nell’ormai lontano anno 2003, Cleveland si è da sempre identificata nel numero 23, idealizzandolo quasi come una sorta di Messia che l’avrebbe portata fuori da quella spirale di sfortune e tragedie sportive che da sempre hanno contraddistinto le compagini cittadine.
Tale legame affettivo è così ben stretto e saldo che nemmeno la plurinominata Decision del 2010, la quale ha portato LeBron in quel di Miami per 4 anni, conditi da 2 titoli NBA, ha potuto mai distruggere in maniera definitiva, per quanto emotivamente sia stata uno shock enorme da poter gestire per tutti i tifosi dei Cavs.
Ed è stata proprio l’ampiezza di tale rapporto a far prendere al nativo di Akron la scelta di tornare nella sua Cleveland, nella free agency del 2014, per dare una gioia ad una delle città più economicamente depresse degli Stati Uniti.
Per capire quanto fosse importante per The Chosen One tale obiettivo, basta ripensare a quell’urlo liberatorio effettuato ai microfoni di Doris Burke subito dopo la fine di Gara 7 delle NBA Finals 2016. In quel “Cleveland, this is for you!”, si legge l’enorme importanza salvifica che il rapporto LeBron James-Cavaliers ha assunto nelle vite delle due parti.