Rick Carlisle, coach dei Dallas Mavericks.

Rick Carlisle è sempre stato un uomo con le idee chiare in testa, uno che è sempre partito da delle solide basi, idonee a parer suo per lavorare al meglio ed ottenere il massimo. Allo stesso tempo, però, non lo si può etichettare come un integralista. Già, il coach dei Dallas Mavericks ha infatti dimostrato di saper apportare delle piccole modifiche al piano originale, quando serviva: non a caso, nella passata stagione, ha più volte fatto ricorso al quintetto piccolo, ormai un vero e proprio mantra della NBA di oggi.

L’inversione di tendenza pare essere definitiva, in quanto Dirk Nowitzki sta giocando o comunque giocherà per molti minuti come centro. Il tedesco ha ricevuto nuove vesti da indossare nel momento in cui stanno pian piano arrivando i titoli di coda della sua gloriosa carriera. Voglia di iniettare al team una nuova e frizzante verve, o probabilmente semplice necessità, legata appunto all’evoluzione del gioco. Bisogna stare al passo coi tempi che corrono, nel vero senso della parola. Carlisle vuole fare dei ritmi alti e delle transizioni componenti fondamentali, così come accade per molte altre franchigie: l’attuale Nowitzki non ha il passo delle power forward avversarie, tanto meno riuscirebbe a difendere in maniera accettabile su di esse. Ergo, l’assetto con il numero 41 da stretch 5 (almeno a gara in corso) potrebbe alla lunga portare i suoi frutti. In generale, la tendenza è quella di schierare spesso un solo lungo di ruolo durante le rotazioni.

Nowitzki, durante la sua lunghissima carriera ai Mavericks, è stato lungamente utilizzato come centro nel 2001/2002 e nel 2003/2004. Solo di recente è tornato ad occupare quella posizione per più tempo. (Fonte: Baskteball Reference)

Il campo è molto aperto e le spaziature sono abbastanza pulite, agevolando così la circolazione di palla e le penetrazioni dei compagni di squadra, liberi in ogni caso di tagliare per cercare di smarcarsi. Gente come Dennis Smith è dunque libera di addentrarsi in area e andare a concludere. Ma non solo. Il range di tiro e le doti balistiche catalizzano sul cestista teutonico molte delle attenzioni avversarie, col pick and pop che diventa un’arma davvero affilata: una volta ricevuta palla può decidere di tentare la tripla o passarla a chi è messo meglio. Non essendo più il fulcro principale dell’attacco, Dirk svolge spesso e volentieri il ruolo di bloccante, al di là dei giochi a due, per agevolare il tagliante nello smarcarsi e agire di conseguenza. A beneficiarne ovviamente è l’eclettico arciere Wesley Matthews.

La possibilità di tentare la gloria in post col canonico fadeaway c’è, proprio grazie al fatto che nessuno dei componenti del quintetto va a fare l’interno senza intasare le operazioni. Lo stesso vale per Harrison Barnes, che già la scorsa annata si è cimentato in questa giocata spesso e volentieri e che continuerà a a farlo, con costanza. L’ex Golden State Warriors, designato come futuro franchise player dei Mavericks, può caricarsi sul groppone più responsabilità: ha una certa dimestichezza nel liberarsi di difensori più grossi e lenti, grazie ad un discreto primo passo, ed attaccare il canestro; allo stesso modo ha sviluppato un jump shot dalla media (41.8 % nella RS 2016/2017) col quale può essere letale. Inoltre, non bisogna trascurare che all’occorrenza può vestire i panni dello spot up shooter piazzandosi in un angolo e aspettare lo scarico. Una duttilità ed un ampio ventaglio di opzioni che ben si amalgamano con Dwight Powell (nel frontcourt), che sfrutta la sua verticalità ed ama stazionare sull’arco, e il giovane Dorian Finney-Smith (insieme nel pacchetto ali).

I Mavericks aprono spesso il campo e di conseguenza c’è spazio per un tentativo spalle a canestro di Barnes.

 

Nei meccanismi stile small ball, ancora da oliare, importante è il ruolo di Nerlens Noel, forse l’unico big man in grado di garantire una certa intensità in difesa. Il protagonista del turbolento rinnovo estivo ha un buon senso della posizione ed è rapido negli spostamenti laterali, fattori che lo rendono un rim protector affidabile. Sa come compiere il lavoro sporco, a rimbalzo: appena ne acchiappa uno lo consegna a chi di dovere per far scattare subito il contropiede, fulminante per via della presenza di giocatori brevilinei e in grado di percorrere velocemente in campo.

L’abbondanza di guardie e la contemporanea carenza di swingman (da segnalare Matthews) può essere un grosso grattacapo per la retroguardia.  I vari Yogi Ferrell e JJ Barea faticano a contenere l’attaccante, per via del loro fisico non eccezionale; lo stesso Nowitzki è piuttosto impacciato nel salvaguardare il ferro e nell’inseguire la propria controparte. Vanno ottimizzati i tempi e le scelte di aiuto sul penetratore e la ricerca dell’anticipo sul perimetro.

Carlisle non si fossilizza ad alcuni aspetti: tende a mischiare le carte provando diverse soluzioni. Soprattutto quando c’è da trovare la quadra della situazione. I Mavericks, al momento, hanno l’aspetto di un cantiere aperto dove ci sono dettagli da puntellare, senza che vi sia posto un preciso obbiettivo per l’annata in corso.

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