In questo momento della stagione, con i Mavericks sempre in bilico tra speranze di ricrescita e difficoltà oggettive, e dopo un mercato che, oltre ad aver portato in Texas un giovane talentuoso come Noel, ha privato la squadra di Carlisle di due titolari (Williams e Bogut, oltre ad Anderson), le certezze non sono moltissime, ma una è decisamente presente ed ha un nome ed un cognome: Yogi Ferrell.
Classe 1993, undrafted, nato ad Indianapolis e cresciuto sportivamente in quel di New York (sponda Nets); viene scelto da Mark Cuban & Staff per un contratto da 10 giorni, a causa degli infortuni in serie di tutti i play disponibili. Sembrava (e probabilmente all’inizio lo era) la classica “ultima spiaggia”, anche tenendo conto della scarsa considerazione del giocatore nella propria squadra. E invece? E invece quel 10 days contract è diventato in un battibaleno un bel biennale, con annessa pacca sulla spalla del proprietario, ben disposto nell’investire in lui e rimasto molto colpito dalle sue prestazioni in così poco tempo.
Buttato nella mischia da subito, ha immediatamente fatto vedere il proprio valore. Nella vittoria contro gli Spurs, Ferrell gioca 36 minuti, con percentuali non troppo esaltanti ma un bel bottino di 7 assist. La partita successiva (in back-to-back, contro i campioni in carica) il lavoro si fa ancora più duro: no problem, visto che il percentile migliora nettamente e i punti messi a referto sono ben 19. Da li in avanti il suo rendimento è stato costante, oltre che buono. In oltre la metà dei games giocati è andato in doppia cifra di punti, fino al massimo (finora) di 32 punti, con il 65% da due e 9/11 dall’arco, realizzati contro Portland. Tutti questi dati hanno fatto sì che il ragazzo ottenesse la nomination al “KIA Western Conference Rookie of the month”
Davvero una bella certezza, una sorta di favola a lieto fine; basta con la storia del rimpiazzo dell’ultimo secondo volto unicamente a tappare mancanze qua e la: Yogi Ferrell è diventato a tutti gli effetti un giocatore su cui puntare. Insieme a Harrison Barnes e Seth Curry (autori entrambi di una stagione più che buona) rappresenta un primo accenno di zoccolo duro su cui costruire i Mavs dei prossimi anni. L’età è senza dubbio dalla sua, il potenziale c’è, così come la voglia di crescere e migliorare; lo spogliatoio lo ha subito accolto bene, e gli stessi compagni di squadra sanno ormai di poter contare su di lui.
Si: nelle mani di un sapiente coach come Rick Carlisle, Ferrell potrà diventare davvero un signor giocatore, supportando Dallas nel suo ritorno verso le zone di classifica che le competono. E chissà: forse i Nets, con tutte le difficoltà e il triste record di 9-49, avrebbero potuto valutare più attentamente il potenziale che avevano tra le mani, anche se (probabilmente) con loro non sarebbe mai sbocciato a dovere.