La storia recente ci ha insegnato che quando il draft chiama i Minnesota Timberwolves rispondono. Scelte e trade sono state e saranno sempre condizionate da variabili incontrollabili e da opportunità colte all’ultimo respiro. Il draft nell’ultimo ventennio ha regalato all stars come Garnett e Love o probabili fuoriclasse come Rubio, Wiggins (acquisito dopo una grande trade che ha portato Love a Cleveland) e LaVine, ma ha anche rifilato scelte come Williams e Johnson, i quali sono rimasti intrappolati in un limbo senza uscita, vittime di un’esplosione tecnica-tattica che non è mai giunta. Adesso i lupi d’America sono pronti per addentare la prima scelta assoluta al draft del 2015. Anche se nulla appare così scontato, molto probabilmente la scelta ricadrà su Karl Anthony-Towns, power forward dei Kuntucky Wildacats.
Osservando bene il roster dei Timberwolves la prima cosa che salta agli occhi è subito l’enorme potenziale presente. Il coach Flip Saunders dovrà creare quella giusta alchimia tra giovani promettenti e senatori, tra inesperienza e fame di vittorie, tra spettacolo e difesa.
Aldilà di questo preambolo, questa analisi si vuole soffermare su quei giocatori, ritenuti secondari rispetto al futuro starter iniziale e offuscati dalle luci di Wiggins e compagni. Ci concentreremo sulla panchina, il cui apporto risulterà imprescindibile in una competizione agguerrita come quella della West conference.
Presumendo che il draft porti Towns e che nessuna trade modifichi completamente la struttura, possiamo delineare il roster che si appresterà a scendere nella nuova regular season.
Starters: Rubio, Martin, Wiggins, (Towns), Pekovic;
Bench: Garnett, Dieng, LaVine, Muhamadd, Bennett, Neal, Payne, Brown, Budinger e Hummell. A ciò si dovranno aggiungere le altre due scelte al draft, rispettivamente alla 31° e 36° chiamata.
Andiamo ora ad analizzare quelli che potranno essere i giocatori che usciranno dalla panchina per dare manforte ad un quintetto che già di suo appare abbastanza competitivo.
Garnett: KG non è più il giocatore che un tempo accumulava prestazioni meravigliose, dominando sia fisicamente che mentalmente gli avversari. Col passare degli anni la sua ombra si è allontanata dal pitturato, preferendo soluzioni offensive sempre più lontane. Adesso, alla veneranda età di trentanove anni, non è più supportato da quello strapotere atletico che gli permetteva di catturare rimbalzi o di liberarsi del tagliafuori, risultando quasi imprendibile. Cosa può offrire allora “The Big Ticket” a questi Timberwolves? Innegabilmente il suo apporto sarà di carattere mentale. Egli possiede quella giusta dose di esperienza che naturalmente, vista l’età media, manca alla squadra di Minneapolis. La sua presenza sarà fondamentale come leadership e come chioccia per i più giovani. Nonostante l’età e lo scarso minutaggio che gli sarà concesso, KG è il cuore palpitante dei lupi o meglio, è il lupo alfa, colui che dovrà insegnare come reagire alle pressioni di un pubblico che anela un ritorno ai grandi livelli.
Dieng: il centro senegalese nel 2013 vinse il titolo NCAA con i Cardinals, venendo nominato Big East Defensive Player of the Year. Subito dopo venne scelto da Utah, che lo girò immediatamente a Minnesota in cambio del play Trey Burke. Dal suo primo anno fino ad oggi le sue medie sono quasi raddoppiate, così come il suo minutaggio (4.8 punti, 5.0 rimbalzi, 0.7 assist e 0.8 stoppate in 13.6 minuti il primo anno / 9.7 punti, 8.3 rimbalzi, 2 assist e 1.7 stoppate in 30.0 minuti il secondo anno). Insieme a KG formerà la coppia di lunghi che subentrerà dalla panchina, fornendo quelle capacità difensive che in pochi possiedono nel roster. Inoltre negli ultimi anni ha anche migliorato il tiro dalla distanza, seppur continua ad essere un po’ meccanico, e ha messo su qualche movimento vicino al canestro. Di certo nei momenti decisiva la palla non cadrà tra le sue mani, ma il centro africano garantirà molta quantità su entrambi i lati del campo.
LaVine: ancora non si è capito se il talentuoso Zach, proveniente dagli UCLA Bruins, sia una guardia o un playmaker. Nella sua stagione da rookie è quasi sempre stato selezionato come point guard, ma la sua scarsa visione di gioco non lo rende perfettamente idoneo per quel tipo di ruolo. In una squadra condizionata dalla poca esperienza, ora più che mai serve un play dalle ottime capacità di ball-handing, che sappia prendere le decisioni giuste al momento giusto e che sappia orchestrare il ritmo dei propri compagni. LaVine ancora non ha sviluppato il necessario bagaglio tecnico e quella forza e calma mentale per portare tale fardello, ma ha disposizione tutto il tempo per poter diventare devastante e per poter migliorare alcune delle armi in suo possesso che possono spaccare gli equilibri di una partita. Velocità, atletismo, tiro da tre punti, ma soprattutto una penetrazione rapida verso il canestro che spesso si conclude in magnifiche schiacciate. Sono proprio quest’ultime il suo marchio di fabbrica, che lo hanno condotto a stravincere la gara delle schiacciate dell’NBA All-Star Weekend 2015, surclassando gli altri avversari: Giannis Antetokounmpo, Mason Plumlee e Victor Oladipo. Il suo tipo di basket è spettacolare e fulmineo e rispecchia del tutto quel tipo di immagine cestistica che l’NBA ha sempre esportato nel resto del mondo. Di certo ci troviamo di fronte a un fenomeno, che se riuscisse a lavorare su alcuni tra i suoi difetti, visione e regia e mettesse su qualche chilo così da poter attutire gli impatti con avversari più pesanti, potrebbe diventare un atleta totale.
Muhammad: anche lui come LaVine è stato pescato dalle sorgenti, sempre ricche e talentuose, di UCLA. Anche lui come il compagno ha tutto per potersi ritagliare uno spazio sempre più determinante nelle rotazioni. La guardia tiratrice, all’occorrenza anche ala piccola, che ha da poco firmato con Rob Pelinka, storico agente di Kobe Bryant, è pronto per una nuova stagione che lo vedrà sicuramente come una pedina fondamentale per coach Saunders. Shabazz negli anni dell’high school ha collezionato vari premi e riconoscimenti, tra cui il McDonald’s All American. Tra il primo anno da rookie e il secondo da sophomore le sue medie sono salite esponenzialmente. Garantisce ottime soluzione offensive, grazie ad un’ottima velocità in penetrazione e possiede un buon mancino, rapido e preciso. Deve migliorare nel pick and roll e in altre soluzioni che gli permettono di crearsi una migliore soluzione d’attacco. Inoltre difende abbastanza bene grazie alla sua apertura di braccia sopra la media.
Bennett e Payne: la prima scelta assoluta del draft NBA 2013 potrà essere una risorsa per i Timberwolves che verranno? Molti sono i dubbi che si sono concentrati attorno al power forward canadese, così come molte sono state le occasioni per esprimere al massimo il suo potenziale e per far ricredere i molti che hanno considerato la scelta da parte dei Cleveland Cavaliers come una delle più folli nei più recenti draft. Dopo un primo anno disastroso che lo ha visto retrocedere tra gli ultimi posti della panchina, si presenta alla Summer League 2014 notevolmente dimagrito e molto più consapevole delle proprie capacità. Le sue ottime prestazioni estive con i Cavaliers ( 13 punti e 7 rimbalzi di media) illudono lo staff e i tifosi. Subito viene inserito nella trade che porta Love alla corte di “The Chosen One” e lui, assieme a Wiggins e Young ai Minnesota. Benché riesca a fornire qualche performance migliore, per l’intera regular season, Bennett non è riuscito a convincere nessuno, sprecando, ancora una volta, le migliori condizioni che un contesto come Minneapolis poteva fornire. Molto probabilmente la stagione 2015/2016 sarà l’ultima chance per poter divenire un tassello importante o per cadere nell’oblio che sempre di più si affaccia all’orizzonte. Nel caso in cui Bennett dovesse fallire, Adreian Payne potrebbe scavalcare le gerarchie e ritagliarsi uno spazio maggiore. Payne è un’ala grande, all’occorrenza anche centro, dotato di eccellenti capacità offensive grazie alla sua notevole stazza e a una buona velocità di piedi che gli permette di essere rapido sia in transizione che in post. Inoltre Payne ha anche sviluppato un discreto tiro dalla corta e dalla media distanza. Visto il suo enorme potenziale fisico-atletico dovrà lavorare molto sui movimenti difensivi, accantonando quella pigrizia che ha ostacolato un suo salto di qualità.
Neal, Budinger, Hummel e Brown: Gary Neal, che alcuni di noi lo ricordano con la maglia della Benetton Treviso, sarà il sostituto ideale di Kevin Martin. La sua rilevante esperienza e le sue doti offensive lo evidenziano come un panchinaro di lusso. Stesso discorso vale per Chase Budinger, il cui apporto si riscontrerà nella gestione dello spogliatoio. A meno di incredibili sorprese sia Brown che Hummel non dovrebbero calcare il parquet. Nonostante ciò, entrambi l’anno scorso, hanno dimostrato di poter essere affidabili in caso di chiamata.
Che sia Towns, Okafor o addirittura Russel a far parte del branco di Minneapolis, ciò che appare evidente è l’enorme potenziale che questi Timberwolves hanno a disposizione, soprattutto quello di una panchina troppe volte snobbata. Ciò che resta da capire è quando tale potenziale riuscirà ad esprimersi al massimo e se sarà sufficiente per ottenere un biglietto per i playoff del 2016. A meno di incredibili sorprese o di infortuni gravi i lupi vogliono cominciare a mordere, ma servirà anche la giusta amalgama per affrontare una West conference che ultimamente non lascia margini di errori.
Per NBA Passion,
Gabriele Timpanaro.