Dopo l’ennesima stagione fuori dai playoffs, a saltare è stata la coppia del front office dei Chicago Bulls. John Paxson ha visto il suo ruolo ridimenzionato (da vice presidente a senion advisor), mentre Gar Forman (ex GM) è stato licenziato e recentemente si è accasato ai New Orleans Pelicans come consulente. A prendere il posto della famosa coppia “GarPax” sono arrivati: il lituano Artūras Karnišovas come vice president of basketball operations e Marc Eversley come il nuovo general manager. I Bulls hanno ovviamente cambiato anche la guida tecnica della squadra. Esonerato Jim Boylen, è arrivato Billy Donovan, che dopo l’eliminazione al primo turno con OKC per mano dei Rockets, ha deciso che era ora di cambiare aria.
La prima missione della nuova dirigenza della franchigia dell’Illinois è senza dubbio quello di trovare il giocatore che sarà la prossima faccia della franchigia. Da quando Jimmy Butler ha salutato Chicago, i Bulls non hanno ancora trovato la nuova stella. Coby White, Zach LaVine, Lauri Markkanen e Wendell Carter sono i giovani più interessanti arrivati nelle ultime stagioni. Tante le scelte alte al draft usate nelle ultime stagioni per sperare di pescare la stella, ma nessuno ha ancora mostrato di poter diventare il volto della franchigia. Anche l’ultimo arrivato, Patrick Williams, sembra avere il potenziale per essere un ottimo comprimario, ma una prima stella.
I movimenti nella off-season
Alla forte rivoluzione effettuata nel front office non ha seguito un altrettanto movimento nel roster. Forse un po’ a sorpresa, ma neanche troppo visto il poco margine di movimento, l’off-season dei Bulls è praticamente finita dopo aver usato la quarta chiamata assoluta al draft 2020.
Partiamo proprio dal 18 novembre. I Bulls hanno provato fino all’ultimo a salire di due posizioni (forse per puntare a Ball?) offrendo agli Warriors il lungo Wendell Carter e la quarta scelta per la loro seconda. Una volta rifiutata l’offerta Karnisovas e Eversley si sono trovati costretti a fare una valutazione: usare la loro scelta per chiamare il giocatore più talentuoso a quel punto del draft (e sperare che possa diventare la stella che cercano), oppure prendere un giocatore solido, di cui conosci già i suoi limiti, ma che va a coprire un ruolo dove sei piuttosto deficitario. Questo è stato il ragionamento che ha portato la squadra di Chicago a chiamare l’ala ex FSU Patrick Williams al primo turno.
Con la scelta al secondo round Karnisovas ha fatto valere la sua maggiore conoscenza del basket europeo andando a chiamare il giovane Marko Simonovic. Il giovane montenegrino ha giocato con ben tre squadre italiane nelle leghe minori (Moncalieri, Siena e Roseto), prima di andare a giocare in Slovenia e in Serbia dove si è fatto notare dagli scout NBA. La dirigenza dei Bulls si è mossa molto bene anche una volta finito il draft mettendo subito sotto contratto l’undrafted Devon Dotson. L’ex Kentucky è un figlio della Windy City, tifoso fin da piccolo dei Bulls e cresciuto nel mito di Derrick Rose. In più Dotson era dato da tutti come un sicuro inizio secondo giro. La sua esclusione dalle 60 chiamate è senza dubbio la più sorprendete (insieme a Tillie), ma ciò gli ha permesso di rimediare un two-way contract con la squadra di coach Donovan.
In free agent due gli addii. Il più importante è quello di Kris Dunn (accasatosi agli Atlanta Hawks). Oltre all’ex T’Wolves fa le valigie anche il giovane Shaquille Harrison, il quale ha firmato con gli Utah Jazz. Come in uscita, anche in entrata sono stati pochi i movimenti effettuati. Le nuove firme sono quelle di due veterani come Garrett Temple (4.7 milioni di dollari per un anno) e Noah Vonleh (che però è stato tagliato dopo solo due settimane). Tra i rinnovi invece da segnalare la qualifying offer accettata da Denzel Valentine, ma soprattutto la player option da 28.5 milioni esercitata da Otto Porter. Quest’ultimo è stata la vera mazzata, anche se ben prevedibile, che ha impedito di fare grandi movimenti ai Bulls.
Ci sono state voci di interessamenti della squadra di Chicago a qualche big. Ma i rumors sono rimasti tali e Billy Donovan dovrà lavorare un’altra stagione con una squadra molto giovane, che parte con pochi obiettivi, poche certezze e tanti dubbi. Chissà che l’ex allenatore dei Thunder non si ripeta e riesca a tirar fuori il meglio dei suoi giocatori (ma questa volta la missione sembra più complessa).
Bulls preview 2020/2021: Il gioco
La squadra della Windy City non dovrebbe cambiare di tanto il gioco espresso l’anno scorso con Jim Boylen, nonostante il cambio in panchina. Il fulcro del gioco rimarrà Zach LaVine che avrà tanti possessi in isolamento e più libertà di inventare rispetto agli altri. Sembra ormai chiaro che l’ex Minnesota non possa essere una prima stella di una squadra da titolo. Però, in questi Bulls, è il giocatore più talentuoso e ha dimostrato più volte di saper vincere le partite da solo. La scorsa stagione l’ha chiusa con medie da All-Star (anche se poi non è stato chiamato): 25.5 punti, 4.8 rimbalzi e 4.2 assist, tirando con il 38% da 3 punti e il 45% dal campo. Importante per la sua crescita e per la stagione di Bulls che Zach impari a selezionare meglio i tiri da prendere e che riduca i passaggi a vuoto nel corso dei match, nei quali spara tutto ciò che gli passa per le mani.
Al suo fianco dovrebbe partire Tomas Satoransky, giocatore che meglio di Coby White si complementa con l’ex UCLA per capacità di rimediare alle lacune difensive di LaVine e per un minore bisogno di giocare palla in mano. L’ex UNC sarà una delle armi più importanti della panchina dei Bulls. White potrebbe essere quel giocatore che spacca le partita entrando a match in corso. L’anno scorso, dopo un periodo di ambientamento, ha dimostrato di avere tanti punti nelle mani, buona capacità di costruirsi tiri ed essere molto pericoloso quando parte in transizione. Nel reparto guardie qualche minuto da dovrebbero trovarlo anche Ryan Arcidiacono e Devon Doston, soprattutto per la loro attitudine difensiva. Mentre Garrett Temple sarà il giocatore da mettere in campo quando si dovranno gestire vantaggi o situazioni critiche.
L’ala piccola titolare dovrebbero essere Otto Porter. L’ex Wizards ha ormai dimostrato di non valere il contrattone di cui è in possesso. Però, se riuscisse ad entrare meglio nei sistemi di gioco della squadra di Chicago, potrebbe rivelarsi ‘l’acquisto’ migliore dell’off-season. Il cambio di Porter sarà la quarta scelta assoluta dell’ultimo draft NBA: Patrick Williams. Il giocatore in uscita da FSU al college ha giocato di più da 4 che da 3, ma i Bulls sembrano vederlo meglio da ala piccola, anche perché è il ruolo dove più hanno bisogno di trovare talento. Anche perché Denzel Valentine è continuamente colpito da problemi fisici, mentre Chandler Hutchinson non ha mai convinto tifosi e dirigenza. Questo sarà il ruolo più importante e su cui Billy Donovan deve lavorare di più. Un miglioramento al tiro dalla distanza di Porter (che nelle ultime stagioni ha drasticamente calato il rendimento) o uno sviluppo da parte di Williams potrebbe essere una chiave di svolta per i Bulls, che sono una squadra che manca di specialisti.
Se ritroverà costanza al tiro, Porter potrà essere una buon opzione per aprire il campo.
Se il tiro dalla distanza sarà un fattore per la stagione di Bulls, l’altro nome importante è Lauri Markkanen. Il finlandese è stato il rookie più veloce della storia a raggiungere quota 100 triple. Dopo quella straordinaria prima stagione, la seconda è stata pesantemente condizionata da problemi fisici, mentre nella sua terza stagione penso siano stata pesantemente condizionata (in negativo) dal coach. Boylen, probabilmente dopo aver visto i numeri della prima annata, si è convinto che Markkanen fosse solo un tiratore e ha confinato il numero 24 a stare fermo sul perimetro. Ma Lauri non è solo tiro da 3, il lungo scandinavo è un giocatore che si sa imporre sotto canestro ed è un giocatore migliore al tiro in uscita dai blocchi o in palleggio, più che dagli scarichi da fermo. Dietro di lui importante sarà ritrovare anche Thaddeus Young. Il veterano è sembrato molto svogliato e poco nel vivo del gioco, mentre una squadra giovane come i Bulls hanno bisogno della sua esperienza e della sua fase difensiva.
Il centro titolare sarà Wendell Carter. Anche l’ex Duke, come tanti giovani della squadra di Chicago, ha avuto diversi guai fisici che lo hanno limitato nelle prime stagioni NBA. Però, nonostante abbia giocato solo 77 partite in due anni, Carter ha mostrato di avere buone potenzialità e di poter ancora crescere soprattutto in attacco. Carter in difesa è già il pilastro principale della squadra e si sta rivelando un ottimo difensore sia sull’uomo che di squadra (avendo tendo una media di 1.1 stoppate e 0.7 rubate a partita). I miglioramenti gli sono richiesti soprattutto in attacco. Ma, stando ai video che girano sui social e alle prime uscite di pre-season, il ragazzo ha lavorato molto in estate sul tiro da oltre l’arco per avere un discreto gioco perimetrale e permettere ai vari LaVine, White e Markkanen di poter chiudere al ferro senza tanto traffico in area.
La presenza di Wendel Carter sotto canestro è fondamentale per una difesa fragile come quella dei Bulls.
Un potenziale fattore: Coby White
Diversi sono i fattori che potrebbero cambiare (nel bene e nel male) la stagione dei Bulls. Dal ritorno al top di Markkanen, alla crescita come leader di LaVine, passando per l’esplosione di Williams come l’ala piccola che cercavano da tempo e dalla capacità di Donovan di sviluppare e tirare fuori il meglio dai giovani. Però credo che il vero ago della bilancia della stagione della franchigia di Chicago sarà il rendimento che avrà Coby White.
L’ex UNC nella sua prima stagione in NBA, dopo una partenza lenta, è cresciuto nettamente mettendo prestazione da 30 o più punti o con 5 o più triple a segno. Questa crescita gli è valsa la presenza nel Second Rookie Team (non è entrato nel primo solo per la presenza di Nunn e Morant nel ruolo di guardia) e il quinto posto nelle votazione al ROTY. Se Coby riuscisse a realizzare una stagione con prestazioni più simili alle seconda metà della scorsa stagione, i Bulls avrebbero trovato il giusto compagno per LaVine.
Nella scorsa stagione è stato netta la differenza delle prestazioni di White pre e post All-Star Game. Prima del weekend delle stelle White viaggiava a 11.1 punti tirando con il 37% dal campo e il 33.8% da 3 in 24.3 minuti a notte. Mentre dopo metà febbraio i punti sono saliti a 24.7 e le percentuali al tiro sono arrivate a 46.8% dal campo e il 46.7% da oltre l’arco in 33.7 minuti a match. Evidente anche il miglioramento ai liberi (dal 74.7% al 89.9%). Soprattutto quest’ultima statistiche (abbinata a quella del tiro dalla lunga distanza), mostrano come la point guard dei Bulls avesse finalmente trovato le misure giuste.
Sicuramente in coppia Zach e Coby soffrirebbero non poco in difesa, ma se Porter e Carter ritrovassero una buona condizione fisica e continua, potrebbero rimediare alle carenze della guardie nella loro metà campo. White e LaVine, inoltre, non sono due specialisti delle marcature, ma sono due giocatori molto fisici, grossi e atletici, quindi (con un po’ di applicazione) potrebbero anche tenere l’uomo e non farsi saltare subito. In extremis, se durante la partita fosse importante aumentare l’intensità difensiva, i Bulls potrebbero metter dentro una delle due guardie specializzate nel gioco nelle propria metà campo (come detto nel capitolo precedente).
Bulls preview 2020/2021: le aspettative stagionali
Con il ritorno di KD e Irving, le conferme dei big in off-season per Philadelphia Sixers, Boston Celtics, Milwaukee Bucks e Miami Heat e la presenza di squadre competitive come Indiana Pacers, Toronto Raptors, Washington Wizards e Atlanta Hawks, il famoso mantra a Est c’è speranza per tutti non è più ripetibile. Questi Bulls sembrano poter chiedere veramente poco alla stagione, solo l’esplosione di uno dei talenti potrebbe dare un senso alla regular season della squadra di Chicago. L’arrivo di Donovan e la sua capacità di lavorare con i giovani, traendone il meglio, fa sperare i tifosi del team dell’Illinois. Ma la squadra non sembra avere le carte in regola per centrare un posizionamento nelle prime otto.
Il problema più grande da risolvere è la fase difensiva, che la scorsa stagione era quasi inesistente, e che quest’anno non sembra poter essere un punto di forza. Anche in attacco c’è da capire chi può essere il playmaker da affiancare a LaVine e capire come rientrano Markkanen, Carter e Poter. Diciamo che nella migliore delle ipotesi, i Bulls rimangono in scia fino all’ultimo per un posto ai playoffs e chiudono noni/decimi. Mentre nella peggiore faranno a gara per l’ultimo posto della Conference e la prima scelta del 2021 con Cleveland Cavaliers, New York Knicks e Detroit Pistons.