Il fattore non è altro che un qualcosa che influisce, col suo lavoro e contributo, il raggiungimento di un risultato o di un preciso fine. Qualcosa che mischia di continuo le carte in tavola, che porta diversi individui a comportarsi di conseguenza. A questa voce si può tranquillamente associare il Stephen Curry che ha aiutato i Golden State Warriors a vincere le prime due gare delle NBA Finals contro i Cleveland Cavaliers. La missione imprescindibile era quella di far valere la legge dell’Oracle Arena prima di volare in Ohio. Obbiettivo raggiunto, grazie proprio al condizionante numero 30, firmatario di due prove autorevoli: 29 punti, 6 rimbalzi e 9 assist in gara 1; 33 punti, 7 rimbalzi e 8 assist con record di triple segnate alle Finals battuto (ne ha infilate 9, superato Ray Allen fermo a quota 8).
STEPHEN CURRY: UNA SPINA NEL FIANCO DELLA DIFESA DEI CAVS
I Cavaliers cercano di cambiare le marcature nelle loro possibilità, scommettendo su alcuni mismatch che vedono coinvolto direttamente Stephen Curry. La point guard, riguardo in particolare le situazioni di isolamento, sta riuscendo a far valere la qualità del suo ball handling e un primo passo bruciante che fa soffrire gente più grossa e lenta come Tristan Thompson, Kevin Love e Larry Nance Jr. Dall’arco finora è stato praticamente impeccabile (50% al tiro), con le soluzioni dal palleggio fluide e velenose, nonostante gli avversari provino a contestare alcuni dei suoi tentativi. La sua pericolosità da 3 porta la difesa di Tyronn Lue a catalizzare l’attenzione su di lui, creando però spazi che gli permettono però di far circolare la palla e dal linfa alla manovra. Non solo. Curry sta sfruttando in maniera sapiente tutti i blocchi recapitatogli dai compagni, guadandosi conclusioni agevoli; incisivi sono i suoi movimenti off the ball grazie ai quali costringe la/e controparte/i ad inseguirlo. I 4.5 punti di media in ambito catch and shoot non sono tantissimi, seppur stiano incidendo in generale sull’attacco dei Warriors. E nelle classiche transizioni il suo zampino non manca: 4.8 punti garantiti a possesso (il 18.5% del suo totale), anche se la bontà del suo lavoro in questo scenario è da ricercare altrove.
Difficile per i lunghi Cavs tenere testa a Stephen Curry in questi dolorosi mismatch.
LETTURE E FREDDEZZA
Sì, perchè Curry riceve il pallone nella sua metà campo (o se lo aggiudica a rimbalzo) e accelera e guida il contropiede, andando poi a servire il bersaglio mobile che lo accompagna nella corsa. Tranquillità, coordinazione, istantaneità nell’eseguire il passaggio decisivo. La transizione difensiva dei Cavs, già pessima di per sé, va in difficoltà a causa dell’ecletticità del nativo di Akron: il suo range infinito di tiro porta gli avversari a braccarlo sul perimetro e a lasciare voragini dannose. Efficacia nelle letture dunque, pure sui pick and roll. Stephen Curry infatti, soprattutto in gara 1, veniva a volte raddoppiato ma è riuscito lo stesso a consegnare la palla ai rollanti bravi nel lavorare d’intesa. Curry disfa e fa, e ha risponde presente nei momenti che contano. Già, in questo scorcio delle Finals la sua mano è stata calda e la mente l’esatto contrario, cosa registrata specialmente nel quarto periodo in gara 2. Sono 16 i punti messi a referto nell’ultima porzione di gioco, tra l’altro infilati con un 62.5% dal campo e un spaventoso 100% dall’arco (5/5). Freddezza, senso di responsabilità: le sue prodezze son servite a stroncare sul nascere ogni piccolo tentativo da parte della banda LBJ di tenere il passo dei gialloblù. Golden State ha chiamato, Curry ha risposto nei tempi giusti. Veloce, fatale.
Nei pick and roll Curry sta mettendo i compagni in condizioni favorevoli per trovare la via del canestro.
Finora il fattore che sta facendo la differenza in campo porta un nome e cognome preciso. Il figlio di Dell ha ingranato la marcia, il piglio è quello di chi vuole arrivare a riconquistare l’anello e a mettere le mani su un riconoscimento personale assente nella sua bacheca, il titolo di MVP delle Finals. Troppo presto per le conclusioni o per cantar vittoria. Stephen Curry dovrà far la voce grossa nel regno del Re e per il resto del duello, solo alla fine si potrà prendere atto pienamente di quanto sia stato importante il suo operato.