La NBA non è stata sempre un fenomeno così globale come appare ai nostri occhi. Nel tempo sono stati diversi i giocatori che hanno fatto fatica a farsi rispettare dall’altra parte dell’oceano, rendendo la vita un pò più facile a quelli che sono arrivati dopo. Volendo analizzare l’impatto che i giocatori non provenienti dagli Stati Uniti hanno avuto sulla evoluzione a livello mondiale della Lega sportiva più conosciuta al mondo, questa settimana parliamo di Yao Ming, ex-centro degli Houston Rockets. Nel caso vogliate proporre un giocatore per le prossime puntate di questa rubrica, vi preghiamo di lasciare un commento.
Quando si pensa a un giocatore come Yao bisogna fare attenzione, molta attenzione. Non si devono dare giudizi affrettati, ma guardare alla totalità della sua carriera ed a ciò che è stato fuori dal campo per riuscire veramente a capire la portata della sua legacy.
L’arrivo di Yao in America, in un momento in cui la NBA stava per espandersi definitivamente su scala globale, potrebbe quasi far pensare che sia stato tutto organizzato, che sia stata tutta un’operazione di marketing. Yao ha praticamente consegnato nelle mani della Lega il mercato più grande e dinamico del mondo nel nuovo millennio: la Cina. Volendo essere veramente cinici, citando tutti gli infortuni subiti da Yao durante la carriera, durata ‘solo’ 9 anni, tutto questo potrebbe sembrare la realtà.
Ma solo uno che non l’ha mai visto giocare potrebbe pensarla così.
Scelto con la prima chiamata assoluta al Draft 2002, Yao era dotato di un fisico incredibile (7’6” piedi, circa 229 centimetri), ma riusciva a governare il proprio corpo con una grazia – quando era al top della forma – che riusciva sempre a ipnotizzare chi lo guardava. Possedeva mani morbide come pochi altri di stazza simile potevano vantare, e lo ha sempre dimostrato anche dalla lunetta, mantenendo una percentuale dell’83,3% ai tiri liberi lungo tutta la sua carriera. Non andò mai oltre il primo turno, considerato troppo morbido e anche un perdente, ma a noi questo non importa.
È stato un esemplare troppo raro e bello da veder giocare, soprattutto con una personalità notevole rispetto a quanto si poteva avvertire dall’esterno. La coppia formata ai Rockets con Tracy McGrady, altro enorme talento martoriato dagli infortuni che non ha mai potuto esprimere a pieno il suo potenziale, rimane tra i maggiori rimpianti degli appassionati di pallacanestro.
Dal primo all’ultimo anno in America Yao Ming è sempre stato votato come starter per l’All Star Game. Persino nel 2011, l’ultima sua stagione prima del ritiro, fu votato come starter dopo sole 5 partite giocate quell’anno e una stagione interamente saltata l’anno precedente (causa i ricorrenti infortuni al piede sinistro che lo costringeranno al ritiro).
Ming ha dato una grande mano all’espansione della NBA. Ovvio, non basta nemmeno dire questo. L’ingresso della Cina come partner commerciale privilegiato dalla NBA è ormai evidente a tutti sin dal 2004, anno in cui la NBA si pose come prima Lega sportiva professionistica del mondo a disputare due partite di preseason in territorio cinese (David Stern la sapeva molto lunga). Le partite furono organizzate nelle città di Shanghai e Pechino, e videro entrambe protagoniste i Sacramento Kings e – ovviamente – gli Houston Rockets di Yao e ‘T-Mac’, appena approdato ai Rockets in seguito ad uno scambio avvenuto con gli Orlando Magic. “Siamo orgogliosi del fatto che Yao Ming porterà i suoi compagni degli Houston Rockets a giocare davanti a tutti i suoi fan” dichiarò prima di quegli eventi Jin Guoxiang, presidente dello Shangai Administration of Sports, “Yao ha lavorato duramente raggiungendo straordinari traguardi nella NBA in appena due anni, e tutti noi speriamo che potrà servire da ispirazione a tutti i nostri giovani”.
Da quel momento il mercato asiatico firmato National Basketball Association ha spiccato il volo, crescendo a tal punto che il basket è diventato lo sport più popolare in assoluto in Cina, con ben 300 milioni di persone che lo praticano. Cheng Li, il direttore del “John L. Thornton China Center“, istituto che si occupa delle relazioni diplomatiche fra Cina e Stati Uniti, in una conferenza del marzo 2014 – conferenza che vedeva protagonisti lo stesso Yao e l’ex-commissioner NBA David Stern – affermò che “le relazioni tra i due Stati sono iniziate tre decenni fa con la cosiddetta ping-pong diplomacy, e adesso lo sport della pallacanestro è persino più popolare in Cina che negli Stati Uniti.” (Nota personale: Può sembrare strano ma ne ho avuto conferma personalmente. Ultimamente ho ricevuto la visita di un ragazzo cinese che vive a Pechino: non gli interessava minimamente il calcio, non aveva voglia di andare a giocare a ping pong. Voleva però andare al playground più vicino a giocare a pallacanestro. Inoltre mi ha subito mostrato le foto della visita di LeBron James nella sua città, nda).
Dal 2004 ad oggi sono state giocate 20 partite NBA sul suolo cinese. Forse è sbagliato attribuire tutto questo a un singolo personaggio, e in effetti oltre al già citato Stern furono sicuramente tanti quelli che contribuirono all’inizio di questa fruttuosa partnership. Nonostante ciò è sicuramente stato uno dei catalizzatori determinanti di tutto questo processo. Nel 1978 gli allora Washington Bullets approdarono in Cina per giocare due partite d’esibizione contro la Nazionale Cinese; nel 1985 la Nazionale Cinese fu ospitata in territorio americano.
Ma ciò non fu che il principio. Dopo vari decenni di relazioni tra i due paesi, insomma, la bomba – economicamente parlando – era pronta ad esplodere. Yao Ming ne è stato il perfetto detonatore. David Stern ne ha lodato la carriera come atleta e “come ambasciatore, in effetti, per due paesi.”
Adesso le proposte pubblicitarie della NBA aventi la Cina come maggior obiettivo non si riescono contare. Oltre ai tour estivi delle superstar (Derrick Rose e LeBron James protagonisti nell’ultimo periodo) è diventata un’abitudine anche quella di festeggiare con delle magliette speciali la settimana del capodanno cinese. Ormai tutte le squadre partecipano, non ci si può e non ci si vuole esimere dal favorire un partner così economicamente vantaggioso. Il popolo cinese è uno dei più grandi fruitori del sito ufficiale della Lega, NBA.com. Già nel novembre 2003 la Cina comandava la classifica delle visite mensili sul sito, considerando i paesi al di fuori degli Stati Uniti.
Se adesso le relazioni pluridecennali tra i due paesi sono così in forma, dunque, è anche grazie al basket. E il basket in Cina ha una sola faccia, Yao Ming. È uno dei pochi “civili” cinesi a poter vantare un ideogramma personalizzato per il suo nome (quasi come succede in Svezia, dove il verbo “Zlatanera” – ispirato dallo strapotere di Zlatan Ibrahimović – che significa “dominare” è stato introdotto nel vocabolario nazionale), un caso tanto particolare da essere studiato anche in materia linguistica. Lo sviluppo della CBA – Chinese Basketball Association è legato alla sua figura a filo doppio: Rafer Alston, Kirk Snyder, Bonzi Wells, Steve Francis, Chuck Hayes, lo stesso ‘T-Mac‘ sono solo alcuni degli ex-compagni di Yao che sono andati in diversi momenti a giocare nella Lega cinese. Cavolo, dopo il suo arrivo i Rockets hanno persino affrontato un completo restyling stilistico della franchigia, adottando un font cinese per il logo e coprendo di rosso le divise ufficiali. Tutto per avvicinarsi al popolo dell’Estremo Oriente.
Si capisce quindi che l’influenza di ‘Great Wall Yao‘ va ben oltre l’ambito cestistico. A prescindere dalla carriera, in cui le soddisfazioni al livello di risultati sono state davvero poche o nulle (mai andato oltre il primo turno di playoff in carriera, anche con McGrady al suo fianco), Yao Ming sarà per sempre considerato uno dei più grandi di sempre, e non solo per il suo fisico. Il suo incredibile senso del lavoro, quello a cui si è dovuto e voluto sottoporre per competere con i più forti del mondo, nella NBA, ha stabilito un esempio per tutti i milioni di giovani cinesi che si approcciano al basket e allo sport in generale per la prima volta. Ha creato una sorta di corsia preferenziale per quanto riguarda le relazioni diplomatiche tra due superpotenze mondiali, le quali hanno sapientemente avuto la capacità di sfruttarlo a pieno per cementare ancor di più uno dei legami politico-economici più importanti del nuovo millennio.
Dopo il suo ritiro, avvenuto nel giugno 2011, tra gli altri anche Kobe Bryant ha voluto esprimere il suo pensiero: “Il suo contributo alla NBA non potrebbe essere più enfatizzato. Lui è una così gran persona e oltre ciò, un giocatore fenomenale.” A settembre 2016 potrebbe essere indotto nella Basketball Hall of Fame, e con lui potrebbe farcela anche Shaquille O’Neal. I due sono stati grandi avversari sul campo nel decennio scorso, e l’ex-centro dei Los Angeles Lakers ha sicuramente vinto di più. Ma nel caso di Yao le statistiche contano poco o nulla, si è meritato il posto tra i migliori di sempre perchè è riuscito a connettere Occidente e Oriente come forse nessuno prima di lui. Un ponte a spicchi tra i due mondi collegato da un unico comune denominatore: la pallacanestro griffata NBA.