Per come la conosciamo oggi, a livello di club, c’è da stropicciarsi gli occhi. Dal 1988, anno che sancisce l’uso da parte dell’Eurolega della formula con le Final Four, è successo solo cinque volte che non ci fosse almeno un club spagnolo che partecipasse. Oddio, in realtà sarebbero sei, ma in realtà nel 2001 si trattava del famoso scisma che aveva diviso l’Europa, e comunque nella coppa organizzata dall’ULEB la Virtus Bologna poi vincitrice nell’atto conclusivo affrontò pur sempre il Baskonia allenato da Ivanovic. Di più: da quel fatidico spartiacque è successo solo nel 2002 (Casalecchio) e nel 2004 (Tel-Aviv) che non ci fossero rappresentanti iberiche al gran ballo conclusivo d’Europa. E anche se hanno trionfato solo tre volte (Barcellona 2003 e 2010, Real Madrid 2015), e sono arrivate in finale altre tre (Baskonia 2005, Real 2013 e 2014) comunque la loro presenza ha sempre certificato il ruolo preponderante della Spagna nel panorama cestistico odierno.
Questo ovviamente senza citare la nazionale che negli ultimi dieci anni ha tenuto il ruolino di marcia che segue: campione del mondo 2006, vice-campione d’Europa nel 2007, vice-campione olimpica 2008 e 2012 (due finali in cui ha tenuto testa agli Stati Uniti), campione d’Europa nel 2009, 2011 e 2015, medaglia di bronzo nel 2012. Un rendimento impressionante, potendo schierare tra le proprie fila una generazione favolosa di fenomeni di questo sport. Come è, come non è, con la Roja bisogna farci i conti, sempre. E difficilmente sbaglia.
In principio c’era…
…il Real Madrid. Sì, perché i blancos per lungo tempo sono stati i dominatori incontrastati del campionato locale. Per quanto siamo riusciti a indagare, i madrileni vinsero titoli in serie sostanzialmente per vent’anni, da ’57 al ’77. Quello era il Real Madrid di Pedro Ferrandìz in panchina e progressivamente di Diaz Miguel, Lolo Sainz, Emiliano Rodriguez, José Lluis, Clifford Luyk e Juan Antonio Corbalàn in campo. Gli ultimi quattro saranno per anni colonne della nazionale (e su Luyk ci verrebbe da aggiungere “Un naturalizzato d’altri tempi, quando i passaporti non si compravano…”), mentre primi tre citati arriveranno ad allenarla, la Roja. Addirittura, Diaz Miguel la guiderà dal ’65 al ’92, mentre Sainz dal ’93 al 2001: entrambi saranno sconfitti dall’Italia in finale ad Eurobasket (altri tempi anche questi…).
Barcellona, dal canto suo, riuscì a interrompere l’epopea ventennale del Real Madrid solo due volte, una con i blaugrana e una con la Joventut di Badalona, cittadina che geograficamente è sita nella zona metropolitana del capoluogo catalano. La fine degli anni Settanta portava con sé però anche la caduta del regime franchista, e di conseguenza anche le regioni iniziavano a prendere maggiormente piede. Così, tra Badalona e Barcellona, la catalogna iniziò a farsi più intraprendente nel contestare la supremazia capitale: nel giro di un decennio strappò tre volte la corona alle merengues, una con Badalona e due il Barça, che nel 1983 aprì una striscia di quattro vittorie di fila. Quella era la squadra di Nacho Solazabal, di Domingo de la Cruz ma soprattutto lui, Epi, al secolo Juan Antonio San Epifanio, recordman di punti e presenze con la nazionale spagnola.
Ecco, appunto, la Roja come se la cavava? Coach Sandro Gamba nel suo libro uscito nel 2012 ricorda come esultasse ogni qual volta doveva incontrare la selezione iberica, perché la tradizione era contro gli spagnoli era positiva e veniva puntualmente rispettata. Diciamo che, nel complesso, non se la cavavano male: argento olimpico ’84 e quarto posto nell’edizione dell’80, quarto posto mondiale nell’82, argento europeo in casa nel ’73 e in Francia nell’83 (contro di noi) e ancora tre quarti posti agli Europei tra il ’73 e l’87. Più in generale, si vedeva che in Spagna avevano seminato bene, e che presto il raccolto sarebbe stato fruttuoso. Sul quanto, però, nessuno poteva immaginarlo.
(1-continua)