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Orlando, i Rockets sono in gran forma e pronti a fare sul serio

di Dennis Izzo
Rockets

Gli Houston Rockets concludono la propria serie di amichevoli con due vittorie consecutive: dopo la sconfitta all’esordio in quel di Orlando coi campioni in carica dei Toronto Raptors (94-83), infatti, gli uomini di Mike D’Antoni sconfiggono sia i Memphis Grizzlies (119-104) che i Boston Celtics (137-112), riuscendo così a chiudere le amichevoli con un record positivo (2-1).

D’Antoni dà tanti minuti ai suoi uomini principali, in particolar modo a James Harden, capace di far registrare medie elevatissime: 30 punti, 6.7 rimbalzi, 8.3 assist, 1.7 palle recuperate e 0.7 stoppate col 50% dal campo (23/46) e il 55.2% da dietro l’arco (16/29) in 30’ a partita. Il Barba risulta la solita arma letale in fase offensiva ed è in buona compagnia.

Ottime, infatti, anche le prestazioni di Robert Covington, che chiude con medie di 11 punti e 6 rimbalzi col 50% al tiro (11/22) e il 56.2% da tre (9/16), mentre delude le aspettative Eric Gordon, che non riesce a incidere nelle tre partite disputate all’ESPN Wide World of Sports Complex di Orlando, con medie decisamente negative (appena 9.3 punti col 34% dal campo e il 15% dalla lunga distanza) e un infortunio riportato nella gara vinta la scorsa notte contro Boston.

Nella stessa partita ha avuto modo di fare il suo debutto per i Rockets a Orlando Austin Rivers, da poco tornato a disposizione dopo aver lasciato la bolla per motivi familiari e capace di fare la differenza in uscita dalla panchina (14 punti, 2 rimbalzi, 3 assist e 2 palle rubate in poco meno di 20’). L’ex Clippers e Wizards sarà un’utile pedina per la second unit, che potrà contare anche sull’esperienza e sull’affidabilità dei vari Jeff Green, Ben McLemore, Danuel House, DeMarre Carroll e Luc Mbah a Moute. Quest’ultimo – da poco guarito dal Covid-19 – non ha ancora avuto modo di tornare a indossare la maglia dei Rockets, con D’Antoni che potrebbe tornare ad utilizzarlo nel finale di regular season, in vista dei playoffs.

Le difficoltà di Houston sotto canestro non sono emerse più di tanto nel confronto con le tre squadre affrontate (Toronto, Memphis, Boston), con lo small ball che pare esaltare le qualità dei Rockets, sia dei singoli che del collettivo: la velocità e l’imprevedibilità in fase offensiva di Harden e Westbrook, la pericolosità da dietro l’arco dei vari McLemore, Covington, Tucker, Green, House, Carroll, la solidità difensiva sul perimetro dei numerosi 3-and-D di esperienza a disposizione di D’Antoni.

Rockets ok nelle amichevoli: ora si fa sul serio

Proprio la fase difensiva è cambiata notevolmente con la svolta tattica che ha portato allo small ball: senza un centro di ruolo, infatti, tutti e cinque i giocatori sul parquet si dividono egregiamente i compiti e fanno uno sforzo importante anche nella metà campo difensiva. Prendersi una pausa, insomma, non è ammesso: se è vero che Covington e Tucker sono due dei migliori difensori della lega, infatti, è pur vero che c’è bisogno del contributo di tutti in entrambe le fasi di gioco affinché il sistema dia i suoi frutti.

Indubbiamente D’Antoni ha a disposizione un roster perfetto per questo tipo di sistema, con la rivoluzione tattica del febbraio scorso che gli ha dato modo di riprendere il progetto poi accantonato ai Phoenix Suns: un quintetto con cinque tiratori e difensori sul perimetro, ma nessun centro di ruolo. In quel di Orlando, i Rockets hanno fatto vedere ottime cose sia in attacco che in difesa e, secondo il parere di molti addetti ai lavori e appassionati, potrebbero essere una vera e propria mina vagante ai playoff.

Se è vero che in molti li considerano da tempo capaci di dire la loro per il titolo, sono altrettanto numerosi coloro che ritengono che i Rockets non abbiano le carte in regola per contendere l’anello alle due squadre di Los Angeles, Clippers e Lakers, e ai Milwaukee Bucks del detentore dell’MVP, nonché favorito per il bis, Giannis Antetokounmpo.

I Rockets potrebbero sfruttare il fattore sorpresa per stupire tutti e approfittare del fatto che non esista una squadra nettamente favorita rispetto alle altre, almeno sulla carta: con la fine del ciclo dei Golden State Warriors, almeno per quest’anno, infatti, le squadre in lotta per il titolo sembrano essere più o meno sullo stesso livello o comunque separate da un divario tutt’altro che incolmabile.

Quelle contro Raptors, Grizzlies e Celtics erano soltanto amichevoli, gare in cui il risultato finale va sempre preso con le pinze, ma che allo stesso tempo dicono tanto sulla condizione delle squadre, aiutano a ritrovare la forma e la condizione ideali, a fare esperimenti tattici  per valutare i giocatori sui quali puntare maggiormente tra quintetto e second unit e a far capire le proprie intenzioni sin dalla prima palla a due.

In questo senso, i Rockets sono pronti a fare il massimo per dimostrare ai critici che avevano torto e conquistare l’anello ad Orlando. Anello che avrebbe un valore decisamente incalcolabile dalle parti di Houston, la cui ultima vittoria risale alla stagione 1994-1995. Con la mentalità giusta e una squadra che fa della velocità in contropiede e del tiro da dietro l’arco le proprie armi principali, i Rockets possono risultare difficili da affrontare per chiunque.

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