L’effetto economico più significativo della sospensione della stagione per i giocatori sarà l’abbassamento del salary cap NBA per la prossima annata, nel 2021, tetto salariale che come riportato da Marc Berman del New York Post dovrebbe addirittura scendere sotto i 109 milioni di dollari attuali.
Durante una call conference con i rappresentanti del sindacato dei giocatori NBA (la NBPA), il Commissioner NBA Adam Silver era stato chiaro: il 40% dei ricavi economici della NBA arriva dalle arene e dal pubblico (biglietti, parcheggio, intrattenimento, indotto), e con le arene chiuse ed il campionato fermo, il danno è facilmente calcolabile. Perdite che si debbono aggiungere ai mancati introiti per almeno 300 milioni di dollari causati in ottobre dalla “crisi cinese“, innescata tra la lega e Pechino a causa di un malaccorto tweet pro manifestanti di Hong-Kong del general manager degli Houston Rockets Daryl Morey.
La Cina è il mercato estero più ricco e florido per la NBA: contratti TV esclusivi con l’emittente di stato CCTV e partnership con i colossi come Tencent i capisaldi, ma la crisi diplomatica e la reazione al solito decisa di Pechino (che ha boicottato per settimane la NBA vietando la vendita di merchandising e non trasmettendo l’inizio del campionato) hanno generato nelle casse della lega un buco quantificato in circa 300 milioni di dollari.
Prima della crisi diplomatica e della pandemia, il salary cap per la stagione 2020\21 era proiettato attorno ai 115 milioni di dollari, un +6 milioni rispetto al 2019\20.
Una contrazione così netta del salary cap, mentre l’incremento annuo dei contratti pluriennali dei giocatori resterà intatto, avrà l’effetto di limitare fortemente il mercato dei free agent, e soprattutto quello di avvicinare pericolosamente parecchie squadre alla temutissima tassa di lusso, la luxury tax che le squadre debbono versare alla NBA con un sistema a “scaloni”, progressivo. La soglia della tassa di lusso viene calcolata sull’ammontare del salary cap, e se queste dovessero restare bloccate mentre resteranno intatti gli incrementi annui dei contratti dei giocatori, tanti team finiranno per trovarsi in acque agitate.
E’ il caso ad esempio degli Oklahoma City Thunder, squadra sorpresa della stagione con Chris Paul, la giovane promessa Shai Gilgeous-Alexander ed il nostro Danilo Gallinari, Dopo lo smantellamento della squadra con la cessione nell’estate 2019 di Paul George e Russell Westbrook, il general manager Sam Presti ha avviato la ricostruzione della squadra accogliendo il super contratto di Paul (85 milioni di dollari ancora dovuti, fino al 2022) nella speranza di trovare per l’ex star di Clippers e Rockets altra sistemazione, in cambio di contratti più brevi.
Con uno spazio di manovra ridotto e ben poche squadre in grado di assorbire un contratto così oneroso, una trade per CP3 pare oggi veramente difficile. I Thunder, nonostante gli sforzi di presti, sono ancora oggi pericolosamente vicini alla soglia della luxury tax, e la squadra per la stagione 2020\21 parzialmente da fare: Gallinari sarà free agent e dovrebbe andare altrove, il lungo Nerlens Noel, prezioso uomo di rotazione per coach Billy Donovan, sarà egualmente free agent ed i Thunder proveranno a trattenerlo mentre Presti continuerà a cercare una sistemazione anche per il neozelandese Steven Adams.