Anche quest’anno Benny The Bull ha avuto ben poco dalla sua squadra: a Chicago si è persa un’altra stagione. Situazioni salariali ai limiti del grottesco, un allenatore come Jim Boylen che si è dimostrato sotto gli standard NBA ma soprattutto la mancanza, ormai atavica, di un All-Star. Al momento quello che più somiglia ad un leader in campo è quel Zach LaVine che al netto degli Slam Dunk Contest rimane sempre un quasi All-Star.
Ma ora proviamo ad analizzare i fattori che hanno portato a questa stagione molto negativa in questo focus dedicato ai Chicago Bulls.
Focus Chicago Bulls: il roster ha troppo poco talento per competere ad alti livelli
I Chicago Bulls edizione 2019/20 sono molto giovani, ma altrettanto poveri di talento: la difesa, con i suoi 113 punti concessi a partita, è un problema serio perché non permette transizioni ed in situazioni di attacco a difesa schierata pochissimi Bulls hanno punti nelle mani. Proprio questa può essere una chiave di lettura che può giustificare la scarsa vena offensiva dei tori, che con i quasi 105 punti segnati a partita sono solo il ventisettesimo attacco della lega.
Focus Chicago Bulls: in attacco è LaVine a fare la voce grossa.
Zach LaVine è forse l’unico che offre qualche certezza in più. Sul piano offensivo con l‘attacco al ferro e la costanza dall’arco ritrovata negli ultimi mesi è sicuramente uno dei pochi a salvarsi in questa stagione. Tutto sommato i suoi numeri stagionali sono buoni, se si pensa ai 25 punti ad allacciata con buone percentuali al tiro (45% dal campo e 38% da tre), ma quello che preoccupa e non poco, o almeno dovrebbe, la dirigenza dei Bulls è la sua difficile convivenza con Coby White e la scarsa attenzione nella metà campo difensiva. Negli anni di Chicago ha si migliorato alcune voci statistiche come stoppate e rubate, ma ciò non significa assolutamente essere diventato un difensore affidabile.
Le scelte agli ultimi draft stanno producendo troppo poco
Chicago ha puntato molto sulle scelte al draft negli ultimi anni, arrivando a mettere le mani su prospetti molto interessanti ma che ancora non hanno avuto la possibilità di far vedere tutto il loro talento.
Lauri Markkanen è un giocatore dalla mano educata e presenza fisica; queste skills fanno del finlandese classe 1997 un prospetto tanto interessante quanto sfortunato. Il prodotto di Arizona in questa stagione ha giocato solo 50 partite, dopo essersi infortunato in quel di gennaio. Nelle partite giocate l’ala scelta alla 7 al draft 2017 ha dimostrato di avere un buon tiro da fuori con 317 triple tentate e 109 realizzate che gli valgono un buon 34.4%. L’aspetto del gioco dove Lauri deve migliorare è l’efficienza nel pitturato. Sembra strano ma un giocatore di 213cm per 109kg in area risulta troppo poco efficace: nel pitturato con conclusioni come lay-up, jumper e semi-gancio su un totale di 86 conclusioni solo il 33% sono state tramutate in 2 punti, al ferro la percentuale sale al 65%.
Wendell Carter Jr è stato scelto sempre alla 7 l’anno dopo Lauri e da li in poi si è sempre dimostrato un giocatore solido ma incline all’infermeria. L’anno scorso ha giocato solo 44 partite, quest’anno si è fermato a 43. Prima di infortunarsi alla caviglia l’ex Duke stava viaggiando con medie di 11.7 punti, 9.9 rimbalzi, 1.2 assist e 0.9 stoppate, tirando il 53% dal campo ed il 74% ai liberi.
Focus Chicago Bulls: Wendell Carter è in grado di dare un buon contributo riguardo la difesa del pitturato.
A soli 20 anni c’è tantissimo su cui lavorare, ma Carter Jr sembra avere tutto il necessario per imporsi nel proprio ruolo: 206 cm e 117 kg abbinati ad un’ottima tecnica individuale e grandissima passione per il gioco possono essere un mix perfetto.
Focus Chicago Bulls: Coby White, tra alti e bassi può essere la PG giusta?
Come Lauri e Wendell, anche Coby White è stato selezionato alla 7 durante lo scorso draft. Saranno affezionati a scegliere per settimi a Chicago.
Coby White è un giocatore un po’ atipico: piccolino, ma che sente il gioco come pochi. Al netto delle difficoltà riscontrate nei primi mesi di RS dove sprofondò sul pino dello United Center, a poco a poco ha riconquistato la fiducia del coach e con ottime prestazioni, a febbraio ha vinto il premio di rookie del mese.
Nelle nove partite prima della sospensione della regular season White ha viaggiato a 26.1 punti con il 48% dal campo e il 43.2% da tre punti su 9 tentativi. In queste settimane il rookie di NCU ha fatto vedere a tutti i propri pregi, nascondendo forse il suo difetto più importante: la mancanza di capacità di lettura delle situazioni. White prova 17 tiri a partita rapportati sui 36 minuti, 32° in NBA tra i giocatori con almeno 1.500 minuti in campo. Di questi è l’unico a tirare sotto il 40%.
La domanda da un milione di dollari in casa Bulls è una sola: Coby White e Zach LaVine possono coesistere?
I numeri non sono proprio i migliori, soprattutto nella metà campo difensiva. Con i due in campo i Bulls concedono 115 punti su 100 possessi e segnandone solo 105.
Chicago non è mai riuscita ad avere continuità in questa stagione; forse perché roster dei Bulls è troppo giovane: il solo Thaddeus Young supera i 30 anni. La mancanza di qualche chioccia, o di figure dalle forti doti caratteriali, che possa indicare la retta via nei momenti di difficoltà serve a questo gruppo più di qualunque altra cosa. Nuovo coach compreso.
NB: le statistiche utilizzate nell’articolo fanno fede alla data di pubblicazione dello stesso.