Tra i migliori libri sul basket NBA da leggere, la novità da non perdere assolutamente è NBA Jersey Stories, scritto da Stefano Belli per Pagine di Sport: “Storie di maglie che hanno fatto la storia”, le storie che si celano dietro alle maglie che hanno fatto la storia del basket americano, da Bill Russell e i Boston Celtics ai Lakers dello Showtime, dal Dream Team di Barcellona 1992 fino ai giorni nostri, quelli di LeBron James.
Attraverso 15 bellissimi capitoli, Stefano Belli ci conduce attraverso le epoche storiche che hanno reso il basket NBA il fenomeno globale che è oggi, celebrando allo stesso modo i suoi campioni più iconici (Michael Jordan, Larry Bird, Bill Russell, Jerry West, Julius Erving ma anche Steve Nash, Isiah Thomas e Steph Curry) e le squadre leggendarie: i grandi Celtics, i Chicago Bulls, la dinastia Warriors, i Phoenix Suns rivoluzionari e i rimpianti Seattle SuperSonics.
Ma non solo, Chi è cresciuto a pane e NBA tra gli anni 90 e 2000, con le voci di Flavio Tranquillo e Federico Buffa, ricorda le storie su una “misteriosa” lega sorella della NBA: la American Basketball Association, meglio nota come ABA e vissuta molto poco e molto pericolosamente negli anni 70.
Bene, su NBA Jersey Stories una delle parti più belle è proprio quella dedicata alla defunta ABA, fatta “di personaggi ed eventi che erano semplicemente parte di un’altra epoca, in cui si oltrepassavano i limiti dell’assurdo“, come ci dice proprio l’autore del libro.
NBA Jersey Stories è disponibile in tutte le librerie, sia fisiche che online, a partire da 14.25 Euro. Abbiamo incontrato il suo autore per un’intervista.
Libri NBA: “NBA Jersey Stories”, intervista con l’autore Stefano Belli
I primi capitoli, dedicati ai Minneapolis Lakers, ai grandi Celtics e alle mille storie della ABA, li definirei “didattici”, per cui il tuo libro è anche un modo per ripassare un poco di grande storia del basket USA. Leggendo i primi capitoli ci si rende conto da dove la NBA sia partita, per arrivare a quella che è oggi…
I primi capitoli sono stati senza dubbio quelli più interessanti da preparare (spero lo siano anche da leggere!). Il basket professionistico degli albori non era neanche un lontano parente di quello attuale. C’erano personaggi e dinamiche figli di quei tempi, impensabili e improponibili ai giorni nostri. La storia dei Minneapolis Lakers accompagna la nascita e i primi sviluppi della NBA, quella dei grandi Celtics la segue nei turbolenti anni ’60, l’epoca in cui le prime superstar diedero alla lega una visibilità quantomeno nazionale. Oltre a raccontare le gesta di leggende come George Mikan, Bill Russell e Red Auerbach, ho cercato di riempire il più possibile i “vuoti di sceneggiatura” della narrativa che li circonda. Come quello che vorrebbe Russell non scelto dai Rochester Royals per via di uno show di pattinaggio…
Il terzo capitolo è quello dedicato ai Dallas Chaparrals, avi di una ben nota franchigia NBA moderna. Qui tutto il fascino della vecchia ABA è racchiuso: i factotum di squadre con pochi mezzi, ed il mio personaggio preferito: Cliff Hagan. Chi fu costui?
Le storie che riguardano la ABA sono insuperabili. Sono sicuro di aver riso anche mentre le scrivevo! Nei capitoli precedenti, personaggi ed eventi erano semplicemente parte di un’altra epoca; qui oltrepassano i limiti dell’assurdo. L’epopea dei Chaps racconta i primi anni della lega “alternativa”, quello sugli Spirits of St. Louis la sua fine. Cliff Hagan? Era un hall of famer NBA che a fine carriera venne ingaggiato come allenatore-giocatore dai Chaparrals. Il suo temperamento vulcanico e le sue abilità sul campo furono croce e delizia per compagni e avversari, arbitri e dirigenti. Viste le premesse, era impossibile immaginare che, un giorno, quella franchigia sarebbe diventata il massimo esempio di cultura vincente.
Con i Los Angeles Lakers dello Showtime, i Boston Celtics e la rivalità Magic Johnson-Larry Bird la NBA diventa fenomeno globale, cui poi si aggiungerà Michael Jordan. Due squadre, che prima si erano spartite due ere diverse e consecutive, si ritrovano a contendersi il predominio per un intero decennio. Come descrivere quella rivalità a chi non l’ha vissuta?
Quella tra Bird e Magic è una rivalità perfetta, che i complottisti potrebbero considerare studiata a tavolino. Con una serie di sliding doors incredibili (e che racconto nel libro), sbarcano nella NBA nello stesso anno, per giunta in due franchigie storicamente rivali. Lo scorbutico bianco dell’Indiana arriva nell’operaia Boston, il funambolico nero del Michigan approda a Hollywood e inaugura lo Showtime. Una finale tra loro sembra inevitabile ma, per un motivo o per l’altro, arriva solo dopo cinque stagioni, quando l’epica rivalità giunge al culmine. Oltre all’impeccabile narrativa, però, sono le straordinarie doti tecniche dei due e le grandi squadre costruite attorno a loro a portare la NBA sugli schermi di tutto il mondo.
“LeBron James come Jordan. La NBA tornerà a Seattle? Molto difficile”
Facciamo un salto in avanti, Stefano. Negli anni ’90 la NBA sbarca in Canada: dei Toronto Raptors si è parlato tanto grazie a Vince Carter e poi al titolo NBA 2019, dei Vancouver Grizzlies non si parlerà invece mai abbastanza! Cosa andò storto a Vancouver perché finisse così?
A Vancouver andò storto praticamente tutto, ma a fare la differenza tra i destini delle due franchigie è stato proprio Vince Carter, Toronto lo ha avuto e lui ha fatto innamorare i tifosi dei Raptors e di tutto il mondo. Vancouver non ha mai trovato il suo Carter, e la scintilla tra la squadra ed una tifoseria storicamente dedita all’hockey non si è mai accesa. A un certo punto, i Grizzlies sono stati molto vicini a un giocatore di alto livello, ma il suo rifiuto è stato la pietra tombale per l’avventura canadese dei Grizzlies. Questo capitolo, oltre che a rispolverare le divise più celebri degli anni ’90, parla delle enormi difficoltà legate alla creazione di un expansion team. Il Vince Carter della situazione non capita tutti i giorni!
Nel libro descrivi in modo sincero il primo LeBron James, quello che svelò al mondo l’esistenza dei Cleveland Cavs e che non riuscì a vincere nonostante avesse dato tutto per la causa. Oggi LeBron è forse il più grande di tutti i tempi, ma quello che fece ai Cavs, da ragazzo ventenne e con gli occhi del mondo addosso, ha comunque pochi eguali. Quali paragoni di vengono in mente?
Forse il paragone migliore è proprio quello con Carter ma non regge del tutto. I Raptors erano nati da poco quando lo pescarono, e comunque non arrivarono mai fino in fondo con lui. Ci arrivarono i Milwaukee Bucks, che ebbero la fortuna di scegliere Lew Alcindor dopo una sola stagione di vita. Quello che LeBron ha fatto per i Cavs è paragonabile solo a quello che fece Jordan per i Chicago Bulls: ha preso una franchigia eternamente mediocre e l’ha portata al centro dell’universo sportivo. Con la differenza che Chicago non è mai stata ribattezzata The Mistake on the Lake… sarebbe come se gli Charlotte Hornets selezionassero un giocatore capace di renderli una perenne contender e di diventare al contempo il volto della NBA. Qualcosa di impensabile oggi. Rispetto a Jordan, LeBron ha avuto un ringraziamento diverso: mentre fuori dallo United Center svettava la statua di MJ, a Cleveland bruciavano le maglie numero 23…
Uno dei passaggi più belli del libro lo dedichi agli ultimi mesi di esistenza dei Seattle SuperSonics. Rimandando i lettori al capitolo dedicato, ti chiedo: esiste una chance che in futuro la NBA torni a Seattle?
Ci sono diversi motivi per cui Seattle dovrebbe riavere una franchigia NBA: è un grande mercato, una tifoseria storicamente appassionata, e rispetto al 2008 un impianto sportivo all’avanguardia, la Climate Pledge Arena che dal 2021 ospiterà i Seattle Kraken della NHL. A 12 anni dalla loro scomparsa però, non ci sono ancora le premesse per un ritorno dei Sonics. Una nuova espansione della NBA non è proponibile, visto il periodo di incertezza economica, e in ogni caso è da scongiurare. La dispersione di talento provocherebbe un brusco calo di competitività. Resta l’ipotesi di un trasferimento di una franchigia dallo scarso appeal e con strutture obsolete, ma quale? I Kings hanno costruito un’arena futuristica nel cuore di Sacramento, i Bucks hanno trovato Giannis Antetokounmpo e tirato su il Fiserv Forum, Pelicans e Grizzlies hanno pescato Zion Williamson e Ja Morant. Gli unici a rischio al momento sarebbero i Phoenix Suns, ma i lavori per il rinnovamento della Talking Stick Resort Arena sono già in progetto. Su questa storia ho un piccolo aneddoto personale: nel 2016 ho avuto modo di incontrare Clay Bennett, l’uomo che ha portato i Thunder a Oklahoma City. Dopo averci scambiato due parole cordiali, un impeto di ribellione giovanile mi ha spinto a buttare lì un “Let’s go Sonics!“. Lui ha riso, e giustamente se n’è andato.
I tifosi più giovani dei Sacramento Kings forse non sanno che qualche anno fa ebbero una grande squadra, che sulla strada per il titolo trovò solo Shaq e Kobe. Durante il lockdown ho recuperato l’intera serie di playoffs 2002, per scoprire che me la ricordavo per quella che è stata: una delle più belle di sempre. Stefano Belli, che serie fu quella finale di conference tra Lakers e Kings del 2002? Vuoti il sacco…
Quella serie è stata il culmine di un’altra rivalità hollywoodiana, Lakers-Kings. Da una parte i grandi Lakers, con la loro storia, la loro fama e, soprattutto, con Phil Jackson, Shaq e Kobe. Dall’altra un gruppo messo insieme quasi per caso, che ha trovato in breve tempo un’alchimia e una solidità impressionanti. Un po’ come è successo quest’anno, con i Miami Heat di Jimmy Butler opposti ai Lakers di LeBron e Davis. L’eterno appeal dei gialloviola, l’affetto per gli spettacolari outisder di Rick Adelman e il fatto che dalla sfida sarebbe uscita l’indiscussa favorita al titolo resero quella serie un clamoroso evento mediatico. Purtroppo, il presunto complotto arbitrale in gara 6 è ciò che oggi viene ricordato maggiormente di quella serie; a me rimangono più impressi il canestro di Robert Horry, il duello tra Kobe Bryant e Mike Bibby, la potenza sovrumana di Shaq e il talento cristallino di Chris Webber. Gli stessi aspetti che, spero, rimarranno nella memoria dei lettori alla fine del capitolo. Così come quelle splendide maglie nero-viola, diversamente onorate dai Kings attuali.