Eliminati al primo turno dei playoffs NBA per il secondo anno consecutivo, per gli Utah Jazz è tempo di guardare al futuro.
Alla vigilia della serie contro i Denver Nuggets, pochi avrebbero pronosticato una vittoria dei Jazz: senza Bojan Bogdanovic e contro una squadra più profonda, nonostante gli acciacchi di Gary Harris e Will Barton, per vincere sarebbe servita una piccola impresa.
Quando però Donovan Mitchell e compagni si sono trovati sul 3-1 e con un avversario prostrato (sul serio, riguardate gara 4 e provate a sostenere che i Nuggets non sembrassero finiti), la vittoria anche relativamente semplice sembrava alla portata. In 4 partite, i Jazz avevano travolto la difesa dei Nuggets, inchiodato Michael Porter Jr alle sue lacune difensive ed attaccato Jokic coinvolgendolo in pick and roll su pick and roll. In attacco, la presenza di Rudy Gobert aveva tolto i tocchi in post basso al lungo serbo.
Poi Jamal Murray è entrato nella serie a suon di “cinquantelli” (due) e la musica è cambiata: coach Malone ha ritrovato Harris, panchinato il vecchio Paul Millsap, Porter Jr ha fatto perlomeno lo sforzo di muovere i piedi e Jokic ha trovato il modo di tornare pericolo in attacco lontano da canestro e coi giochi a due con Murray.
Dopo i numeri della point guard canadese in gara 5 e 6, gara 7 è stata il capolavoro di Nikola Jokic: 30 punti sugli 80 della squadra, il canestro del +2 decisivo, 14 rimbalzi, e Nuggets che rimontano da 1-3 e diventano la dodicesima squadra della storia NBA a riuscirci.
Donovan Mitchell ha finito la sua serie esagerata sdraiato a terra, dopo il quasi-gol di Mike Conley sulla sirena che avrebbe significato secondo turno e Los Angeles Clippers. E dopo 4 mesi in cui gli Utah Jazz dei dissidi Mitchell-Gobert sono stati – una volta tanto – una delle squadre più chiacchierate della NBA, a Salt Lake City è tempo di pianificare il futuro.
Futuro Utah Jazz: il rinnovo di Rudy Gobert si avvicina
Ad inizio stagione – quindi ad occhio e croce due secoli fa – l’obiettivo sbandierato dei Jazz era la finale NBA. Con gli arrivi di Mike Conley, Bojan Bogdanovic, Emmanuel Mudiay e Ed Davis, la famiglia Miller aveva aperto i cordoni della borsa accollandosi i 66 milioni di dollari di contratto dell’ex Grizzlies e dato al croato ex Pacers un quadriennale da 73 milioni.
Un payroll da campioni. Il contratto di Conley scadrà nel 2021 (Mike ha una early termination option che NON userà). Dalla prossima stagione l’estensione di Royce O’Neale sarà attiva, mentre è in scadenza il contratto di Jordan Clarkson.
L’ex giocatore dei Cavs ha brillato a Utah, e i Jazz hanno rinunciato a due seconde scelte future (e a Dante Exum) per prelevarlo. In una panchina non lunghissima, Clarkson è elemento importante, difficile che i Jazz decidano di privarsene per poi trovarsi a dover lanciare Rayjon Tucker o Nigel Williams-Goss, mentre anche il tiratore Georges Niang dovrà rinnovare il suo contratto.
La vera questione per il futuro degli Utah Jazz è però legata a Rudy Gobert.
Il francese ha vinto per due volte di fila il premio di difensore dell’anno, ha giocato il suo primo All-Star Game nel 2020 ed il suo contratto scadrà al termine della stagione 2020\21. Come riportato nelle settimane che hanno preceduto la ripresa della stagione NBA, Gobert si ritiene a tutti gli effetti una star NBA, e come tale pretenderà un contratto al massimo salariale.
Cosa faranno gli Utah Jazz? Gobert è una star NBA sui generis, non uno da 20 punti a partita né un lungo che allarghi il campo. Utah è per lui la squadra ideale in attacco: nel sistema offensivo di coach Quin Snyder a Gobert viene chiesto di bloccare e tagliare, cosa che il francese ha dimostrato di saper fare. La partnership con Donovan Mitchell non pare aver risentito in campo nella bolla di Orlando degli screzi tra i due dopo la tragicommedia di marzo, con lo show con i microfoni in sala stampa e la positività al coronavirus prima di Gobert, e poi di Mitchell (vai a sapere chi lo ha trasmesso a chi).
I Jazz stanno però cambiando pelle. Questi playoffs hanno dimostrato al mondo che Donovan Mitchell è al suo meglio da realizzatore (36.3 punti di media in 7 gare), la presenza di Conley ha relegato Joe Ingles, il partner principale di pick and roll di Gobert, ad un ruolo di comprimario e tiratore.
Mitchell non è Luka Doncic, ma Dwyane Wade. In 5 partite di playoffs disputate, Conley ha giocato meno pick and roll a partita di Jimmy Butler, ad esempio, e da questi ne sono usciti 0.89 punti per possesso per Utah (1.19 per Mitchell, su altri volumi).
La logica vorrebbe che i Jazz diano a Gobert quello che il francese chiederà. Da ottobre Donovan Mitchell diventerà eleggibile per la sua rookie scale extension, che sarà al massimo salariale, e lo scenario 2021 per gli Utah Jazz non potrà che essere questo: Mitchell e Gobert sono i due giocatori franchigia della squadra.
Una trade per il francese non è certo da escludere, quello che potrebbe mancare sono però gli acquirenti. Chi garantirebbe inoltre ai Jazz una contropartita tecnica migliore di un due volte difensore dell’anno, di 28 anni e integro fisicamente? Gobert è stato assieme a Mitchell il motivo per cui i Jazz non sono sprofondati nella zona lottery della NBA dopo l’addio di Gordon Hayward.
Eppure, Utah ha giocato 3 edizioni consecutive dei playoffs, la squadra è migliorata di anno in anno ma non come forse sperato dal front office (rinnovato tra l’altro lo scorso anno). La timeline del 23enne Mitchell non collima con quella dei più “anziani” Bogdanovic e Conley, e la tentazione di ristrutturare a fondo il roster per plasmarlo attorno al talento dell’ex Louisville Cardinals potrebbe fare capolino.
Quello che a Dallas Rick Carlisle, Donnie Nelson e Mark Cuban stanno facendo con Luka Doncic, che i Golden State Warriors fecero nel 2014 con Steph Curry e che i Trail Blazers fecero nel 2014 con Damian Lillard e C.J. McCollum dopo aver perso 4/5 del quintetto base.
E in fondo, anche Donovan sta già pensando al futuro: “Sono rimasto quasi sorpreso da cosa sono riuscito a fare in questa serie. Ma sono tutte cose su cui ha sempre lavorato, penso di aver fatto un passo nella direzione giusta. E non sarà l’ultimo, sto solo grattando la superficie. So quanto valgo e cosa so fare, e quanto duro lavora questa squadra, è solo l’inizio per noi. Io sono già pronto a riprendere ora“.