Home NBA, National Basketball AssociationNBA in Evidenza La storia di Rasheed Wallace e dei Portland Jail Blazers

La storia di Rasheed Wallace e dei Portland Jail Blazers

di Giacomo Greco
Rasheed-Wallace-Jail-Blazers-squadra-storica

Oregon, esattamente a Portland: nasce attorno al 2000 l’epoca dei Portland Jail Blazers, con un giocatore particolare, unico per certi versi, Rasheed Wallace.

Correva l’anno domini 2000, Portland è la squadra col più alto monte salari della lega, i giocatori hanno costantemente problemi con la legge (e il buon Wallace non fa eccezione) ed alcuni di essi avevano anche atteggiamenti sprezzanti; famosa l’uscita di Bonzi Wells:Non ce ne frega niente di quello che i tifosi pensano di noi. Possono fischiarci quanto vogliono, ma quando ci incontreranno per strada continueranno a chiederci autografi. È per questo che loro sono tifosi e noi giocatori NBA”. In quegli anni la dirigenza dei Blazers vende biglietti a prezzi simbolici per riempire il Rose Garden, e i tifosi rimasti continuano ad essere ostili con i giocatori.

Alcuni episodi di quegli anni :

  • 2000/2001, Wallace registra 41 falli tecnici in una singola regular season, alcune volte addirittura per semplici occhiate agli arbitri
  • 2000, rissa fra Wallace e Arvydas Sabonis
  • 2000/2001, Shawn Kemp entra in una clinica per combattere l’abuso di cocaina
  • novembre 2002, Wallace e Damon Stoudemire vengono fermati dalla polizia per un controllo stradale e quando abbassano il finestrino della macchina, l’agente viene investito da una nuvola di fumo che avvolge l’abitacolo
  • 2002, Ruben Patterson viene condannato per lesioni nei confronti di un uomo che inavvertitamente gli aveva danneggiato l’auto; nello stesso anno viene accusato di violenze domestiche dalla moglie
  • 2003, Stoudemire viene fermato all’aeroporto durante un controllo al metal detector con 40 grammi di marijuana avvolti nella carta stagnola
  • 2003, in allenamento Zach Randolph colpisce con un pugno Ruben Patterson, provocandogli la frattura dell’orbita oculare
  • 2004, viene rinvenuto un pitbull ferito in un vicolo dietro la casa di Qyntel Woods; le indagini portano a stabilire che Woods organizzava e partecipava attivamente a scommesse clandestine di combattimenti fra cani su cui scommetteva molto forte

Logico che la dirigenza volle fare piazza pulita, e nel 2004 tramite trade Rasheed Wallace finì agli Atlanta Hawks e fu segnata la fine di quel team veramente folle. Ah che squadra quei Trail Blazers…

Volete un assaggio? Eccolo qui:

 

Rasheed Wallace la sua avventura nella lega

17 settembre 1974: a Philadelphia nasce Rasheed Wallace. Viene selezionato con la pick n. 4 nel draft 1995 dai Washington Bullets. Da molti venne vista come strana la scelta di Washington che nel ruolo di ala/centro aveva già due ottimi giocatori come Chris Webber e Juwan Howard. Wallace giocò comunque 65 partite (di cui 51 da titolare) prima di farsi male ad un piede a marzo, infortunio che lo costrinse a finire anzitempo la sua prima stagione NBA.

In estate tramite trade Wallace arriva a Portland; Washington decise di fare una mossa logica, sacrificare una delle 3 ali per arrivare al play Rod Strickland. Inizialmente a Portland è il sesto uomo, ma in breve conquista il quintetto base e diventa la power forward titolare chiudendo la stagione con 15 punti a partita.

Qui comincia un breve periodo di involuzione per Rasheed Wallace, che nelle due annate successive peggiora le sue medie (pur restando uno dei giocatori con la miglior percentuale dal campo).

Nel 1998/1999, la stagione del lockout, gioca 49 partite, di cui solamente 18 partendo da starter; è nei playoffs però che “Sheed” assume definitivamente la caratura di stella. Portland si ferma solo in Finale di conference contro i futuri campioni, i San Antonio Spurs, dopo aver eliminato Phoenix Suns e Utah Jazz, ma soprattutto Wallace disputa una grandissima post-season, duellando alla pari con i migliori giocatori della lega nel proprio ruolo, Karl Malone e Tim Duncan.

L’anno dopo nell’Oregon arrivano anche Scottie Pippen e Steve Smith; il roster di Portland, nonostante non sia di primo pelo, è di altissimo livello, oltre ai due ultimi arrivi ci sono Wallace, Arvydas Sabonis, Damon Stoudemire, Brian Grant e Detlef Schrempf.

La squadra si ferma ancora una volta alle finali di conference, stavolta contro i Los Angeles Lakers ma solo in gara 7, gara 7 in cui tra l’altro i Blazers sono anche sopra di 15 punti ad inizio dell’ultimo quarto, prima di subire una clamorosa rimonta.

La delusione è enorme e quello sarà il punto più alto raggiunto da Sheed in Oregon.

Dalla stagione seguente cominciano gravi dissidi nello spogliatoio, frequentato da giocatori abbastanza caldi che come detto porteranno alla “nascita” dei Portland Jail Blazers. Da lì la trade che lo spedisce ad Atlanta, in Georgia. Con Atlanta Wallace gioca una sola partita (20 punti, 6 rimbalzi, 5 stoppate…) prima di venire coinvolto in un’altra trade che lo porta ai Detroit Pistons.

A Detroit nasce un lineup splendido, sia a livello difensivo che offensivo: Ben Wallace, Rasheed Wallace, Tayshaun Prince, Richard “Rip” Hamilton, Chauncey Billups, coach Larry Brown allena in panchina, ed è subito amore fra Detroit e Rasheed Wallace; un giocatore considerato problematico e instabile diventa l’ingranaggio giusto per portare i Pistons fino all’anello.

Eliminati Milwaukee Bucks, New Jersey Nets in 7 partite (con Kidd che salta le decisive gare 6 e 7) ed Indiana Pacers, in Finale NBA ci sono i Los Angeles Lakers, che vengono letteralmente travolti dal furore agonistico dei Pistons in 5 gare.

Rasheed Wallace in maglia Pistons

Wallace in estate è free agent, e giustamente decide di rifirmare per Detroit, la franchigia che aveva scommesso su di lui. La stagione successiva Detroit si conferma come la miglior squadra difensiva della lega ; nei playoffs eliminano Philadelphia, Indiana, Miami (complice un infortunio di Dwyane Wade) e approdano nuovamente in finale, dove ad attenderli stavolta ci sono i San Antonio Spurs.

Finale equilibratissima, una delle più belle di sempre, e dopo le prime 4 partite la serie è sul 2-2.

In gara 5 Detroit sta vincendo; nel finale, un errore di Rasheed, che raddoppia Manu Ginobili nell’angolo destro, lascia completamente libero oltre l’arco dei 3 punti Robert Horry, che raccolto lo scarico dell’argentino infila la bomba della vittoria. I Pistons vinceranno comunque gara 6 in Texas, prima di arrendersi in gara 7.

In estate cambia il coach dei Pistons: Flip Saunders rileva il posto di Larry Brown; all’inizio tutto sembra andare per il meglio, Detroit vince ben 64 gare in regular season (record di franchigia).

I problemi cominciarono nei playoffs: superato agevolmente il primo turno con Milwaukee, ci vollero 7 partite per sconfiggere i Cavs del giovane LeBron James, prima di arrendersi in 6 gare contro i Miami Heat nonostante il fattore campo.

Molto criticata, in special modo da Wallace, la gestione difensiva dei Pistons da parte di Saunders, col coach che usava spesso la difesa a zona e i raddoppi, mosse viste come scarsa fiducia di Saunders nei confronti delle capacità difensive dei suoi giocatori. Rasheed giocherà altre 3 stagioni in Michigan, prima di salutare i Pistons nel 2009. Complessivamente con Detroit Wallace vince un titolo NBA, perde una finale in 7 gare e per 5 anni di fila arriva alle finali di conference.

In estate l’ex Blazers firma un triennale con Boston, cercando di vincere un altro anello, andando a raggiungere gli ormai non più giovanissimi Paul Pierce, Kevin Garnett e Ray Allen, più la giovane point guard Rajon Rondo; Sheed non vince il titolo ma ci va molto vicino, i Celtics si arrendono solo in 7 gare contro i Lakers nel 2010.

Proprio dopo le Finals, a sorpresa Rasheed annuncia il ritiro, e i Celtics dopo aver firmato Shaquille O’Neal lo svincolano pagandogli i rimanenti due anni di contratto.

Dopo 2 stagioni, a sorpresa Wallace annuncia il suo ritorno in campo, firmando per i New York Knicks nel 2012, all’età di 38 anni; dura solo una stagione, una frattura da stress al piede lo costringe a 3 mesi di stop prima di annunciare il ritiro definitivo nell’aprile del 2013.

Un personaggio pazzesco, un miliardario particolare che guardava storto i vestiti milionari dei compagni di squadra, record All-Time di falli tecnici nella storia NBA ed in singola stagione (41 in 80 partite…), sempre in lotta con gli arbitri. Entrata nella storia la celebre frase “Ball don’t lie“, massima da lui usata quando un avversario sbaglia un tiro libero conseguente a un fallo (tecnico o no) che per lui non c’era proprio… grande Rasheed!

You may also like

Lascia un commento