Gli Houston Rockets arrivano alla stagione 2020/2021 carichi di motivazioni. Allo stesso tempo, però, una nube di incertezze e preoccupazioni aleggia sul Texas, soprattutto a causa dei numerosi rumors di mercato riguardanti le due stelle principali della squadra, James Harden e Russell Westbrook (quest’ultimo è stato recentemente scambiato per John Wall), e la rivoluzione societaria che ha visto i debuttanti Stephen Silas e Rafael Stone sostituire i ben più esperti Mike D’Antoni e Daryl Morey.
Dopo il draft e i tanti colpi in free agency, però, Harden indossa ancora la maglia dei Rockets, che sin dall’inizio avevano annunciato di non avere alcuna fretta di privarsi dell’MVP della stagione 2017/2018, che partirà soltanto per una proposta irrinunciabile e al momento nessuna delle altre 29 squadre sembra in grado di poter accontentare le richieste della franchigia texana. L’head coach Stephen Silas, reduce da un’esperienza da assistant coach nello staff di Rick Carlisle ai Dallas Mavericks, è pronto a dimostrare di essere l’uomo giusto per l’incarico affidatogli, al pari di Rafael Stone, che da erede di Morey ha avuto il difficile compito di operare tra draft e free agency senza avere la certezza della permanenza di Harden e, quindi, degli obiettivi della squadra nel 2020/2021.
Il Barba non ha ancora preso parte alla ripresa degli allenamenti ed è attualmente in isolamento fiduciario dopo aver partecipato alla festa di un amico, il rapper Lil Baby, ad Atlanta: il protocollo anti Covid della lega parla chiaro e l‘attesa dei Rockets è destinata a durare ancora.
I movimenti nella off-season
Austin Rivers è stato il primo a lasciare i Rockets, declinando la player option per la stagione 2020/2021 e firmando un triennale da 10 milioni di dollari coi New York Knicks. Robert Covington, invece, ha salutato Houston dopo nemmeno un anno, passando ai Portland Trail Blazers in cambio di Trevor Ariza e due scelte al Draft: il terzo ritorno del veterano classe 1985, però, è durato pochissimo, col 3&D campione NBA nel 2009 che è stato rilevato dai Detroit Pistons nell’ambito della sign-and-trade che ha portato Christian Wood a Houston.
Quest’ultimo ha firmato un triennale da 41 milioni di dollari con i Rockets, che hanno deciso di puntare su di lui per aggiungere al roster un lungo moderno, capace di farsi valere sotto le plance ma anche da dietro l’arco (13.1 punti, 6.3 rimbalzi e un assist col 57% dal campo e il 39% da tre in 62 presenze nella regular season 2019/2020 coi Pistons). Oltre al classe 1995, i Rockets hanno messo sotto contratto l’ala grande Kenny Wooten, ex New York Knicks, Jae’Sean Tate, che lo scorso anno ha giocato ai Sidney Kings sotto la guida di Will Weaver, da poco nominato assistant coach dei Rockets, l’ex Milwaukee Bucks Sterling Brown e i rookie Mason Jones, firmato da undrafted, e Kenyon Martin Jr., selezionato con la scelta numero 52 al Draft di quest’anno via Sacramento Kings. I Rockets hanno poi deciso di rinnovare Bruno Caboclo e scommettere sul riscatto di DeMarcus Cousins, offrendo un contratto annuale non garantito a quello che fino a due anni fa era ritenuto uno dei migliori centri della lega e faceva registrare numeri da MVP. Stessa sorte per Gerald Green, un graditissimo ritorno in quel di Houston: il veterano ha saltato la stagione 2019/2020 dopo aver riportato un grave infortunio in preseason, ma ha spesso e volentieri manifestato la propria volontà di tornare a indossare la maglia dei Rockets.
Il colpo che ha fatto più rumore, però, è la trade coi Washington Wizards, che ha portato John Wall in Texas, insieme a una prima scelta al Draft 2023, e Russell Westbrook nella capitale. Dopo Cousins, ex compagno di squadra tra le file dei Kentucky Wildcats, dunque, i Rockets scommettono sul recupero dell’esplosiva point-guard, che non scende in campo dall’inizio della stagione 2018/2019: sarà la volta buona per i texani?
Rockets preview 2020/2021: il gioco
I movimenti sul mercato sembrano suggerire l’intenzione di mettere da parte lo small ball proposto lo scorso anno. Come dichiarato da Silas, infatti, esso può rappresentare una valida arma cui ricorrere in determinate situazioni, ma non certo l’unica possibilità. I Rockets potranno quindi tornare a giocare con un quintetto più fisico e bilanciato, con la possibile coppia di lunghi formata da Wood e Cousins: in alternativa, il primo potrebbe giocare come centro, col secondo in uscita dalla panchina. Molto dipenderà proprio dalla condizione fisica di DMC. Continua a mancare, invece, una vera e propria ala piccola di ruolo nello starting five, visto che probabilmente P.J. Tucker partirà dalla panchina e ricoprirà il ruolo di riserva di Christian Wood. Eric Gordon, dal canto suo, potrebbe tornare a fare il sesto uomo, lasciando a Danuel House il posto di ala piccola in quintetto.
Nella scorsa stagione, i Rockets hanno avuto parecchie difficoltà a rimbalzo e in generale nella protezione del ferro, soprattutto dopo la decisione di passare allo small ball estremo, sacrificando Clint Capela per accaparrarsi Robert Covington, tanto da far registrare appena 44.3 rimbalzi per partita e 5.2 stoppate (rispettivamente 18º e 10º posto in NBA). Houston ha primeggiato per triple segnate (15.6) e tentate (45.3) a partita, arrivando in entrambi i casi sopra i Dallas Mavericks. Questi ultimi hanno messo a referto il miglior offensive rating della storia, grazie anche e soprattutto al lavoro di Stephen Silas, che ha anche fatto crescere in maniera esponenziale Luka Doncic: con il nuovo head coach, il gioco dei Rockets varierà, seppur non nettamente, con la loro filosofia che rimarrà sì incentrata sul tiro da tre e su un basket votato alla produzione offensiva (secondo miglior attacco della lega lo scorso anno, con 117.8 punti), ma cercando di ridurre i possessi in isolamento e ricorrendo a soluzioni spesso accantonate negli ultimi anni, come ad esempio il tiro dal mid-range.
Nel 2019/2020, Houston è stata la squadra che ha segnato e tentato meno conclusioni da due punti, rispettivamente 25.1 e 45.2: non sarebbe dunque una sorpesa se con Silas queste medie aumentassero. Potrebbe giovarne anche e soprattutto James Harden, che in passato ha dimostrato di poter essere letale anche dalla media distanza, per poi mettere da parte il tiro dal mid-range per ricorrere quasi esclusivamente allo stepback da tre punti e alla penetrazione al ferro per un comodo layup, una schiacciata o due tiri liberi.
Se Cousins dovesse rivelarsi in grado di partire in quintetto, inoltre, i Rockets potrebbero tornare a giocare con una coppia di lunghi che non proponevano da anni ormai: sin dall’arrivo di Mike D’Antoni in panchina, infatti, Houston ha sempre giocato con ali grandi tutt’altro che dominanti fisicamente (Ryan Anderson prima, P.J. Tucker poi, due autentici cecchini dalla lunga distanza). Con Wood e Cousins, le cose cambierebbero notevolmente. I due sono due lunghi moderni, capaci di far canestro anche da dietro l’arco (33.2% per Cousins in carriera, 37% per Wood), di trattare bene la palla e di ricoprire più ruoli, ma aggiungono centimetri e prestanza fisica, due cose che dalle parti di Houston sono state spesso e volentieri assenti nel reparto lunghi degli ultimi anni, eccezion fatta per Clint Capela, per anni leader per rimbalzi e stoppate e principale guardiano del canestro della squadra texana. Quest’ultima ha mostrato spesso delle lacune in fase difensiva, subendo tantissimi punti nel pitturato e lasciando numerosi rimbalzi offensivi, talvolta decisivi, agli avversari: un dato che potrebbe sensibilmente cambiare con gli innesti di Wood e Cousins, che sulla carta hanno tutti i mezzi tecnici e fisici per assicurare ai Rockets maggior sostanza ed equilibrio in fase difensiva. Allo stesso tempo, non è da sottovalutare il fatto che la loro presenza potrà permettere al 35enne P.J. Tucker di rifiatare e di non essere costretto a fare gli straordinari nella metà campo difensiva.
Sarà interessante anche capire come si adatterà al gioco dei Rockets il nuovo arrivato John Wall, che in allenamento ha messo in mostra tanta grinta. L’ex Wizards è un playmaker per certi versi vecchio stampo, essendo uno dei migliori creatori di gioco della lega, capace di smarcare i compagni con assist al bacio, ma al contempo sa sfruttare il suo atletismo per esibirsi in poderose schiacciate e accelerazioni improvvise che lasciano di sasso la difesa avversaria. Molti aspetti del suo gioco sono simili a quelli di Westbrook, ma a differenza di quest’ultimo, Wall non ha estremamente bisogno del pallone tra le mani: sotto quest’aspetto, dunque, la convivenza con Harden non dovrebbe essere un problema.
Per ciò che riguarda il tiro da dietro l’arco, Wall ha medie simili a Westbrook e non è un tiratore particolarmente affidabile dalla lunga distanza: in carriera, infatti, non va oltre il 32.4% su appena 2.9 tentativi per gara, mentre nel 2018/2019 ha tirato col 30.2% su 5.3 tiri da oltre l’arco, quasi il doppio dei tentativi rispetto alle sue medie in carriera. Starà a Silas e al coaching staff inserirlo al meglio in un sistema che negli ultimi anni ha fatto spesso e volentieri ricorso al tiro da tre come arma principale.
Un potenziale fattore: DeMarcus Cousins
A fare la differenza in casa Rockets potrebbe essere DeMarcus Cousins, la più classica delle scommesse azzardate, di quelle che se ripagano danno enormi soddisfazioni.
30 anni compiuti lo scorso 13 agosto, Boogie ha saltato interamente la scorsa stagione, non trovando modo di giocare nemmeno uno spezzone di gara con la maglia dei Los Angeles Lakers, che lo hanno tagliato dal roster prima della trade deadline, per far posto a Markieff Morris. L’anno prima, il classe 1990 aveva disputato i playoffs e le Finals per la prima volta nella sua carriera, con la maglia dei Golden State Warriors, perdendo in 6 gare coi Toronto Raptors. La sua fame di vittoria è ancora tanta e, secondo quanto riportato da Jonathan Feigen, giornalista del Houston Chronicle, le sue condizioni fisiche sono decisamente ottimali, tanto da far sperare in un ritorno ad alti livelli già nella prossima stagione, dopo quasi due anni di riposo trascorsi ad allenarsi e ad aspettare la tanto attesa chance per rimettersi in discussione. I Rockets lo avevano già trattato prima della ripresa della stagione nella bolla di Orlando, ma in quell’occasione Cousins decise di declinare ogni offerta per continuare a lavorare in vista della stagione 2020/2021.
Le sue caratteristiche tecniche sembrano ideali per lo stile di gioco di John Wall e James Harden, due dei migliori passatori della lega. La convivenza con due o più stelle sul parquet non dovrebbe essere un problema per lui, che a Golden State ha fatto registrare 16.3 punti, 8.2 rimbalzi, 3.6 assist, 1.3 palle recuperate e 1.5 stoppate col 48% dal campo, pur giocando al fianco di giocatori del calibro di Kevin Durant, Stephen Curry e Klay Thompson.
A preoccupare, sono più che altro i numerosi problemi fisici accorsi negli ultimi anni (proprio per questo motivo, il suo contratto annuale non sarà inizialmente garantito) e, soprattutto, le sue ben note intemperanze caratteriali, che spesso e volentieri gli hanno causato problemi in passato, soprattutto quando indossava la maglia dei Sacramento Kings. Cousins, però, negli ultimi anni pare aver messo da parte tutto ciò per concentrarsi sull’obiettivo più importante: tornare a giocare ad alti livelli in NBA e vincere un titolo.
Houston, in questo senso, sembra essere la piazza ideale per un giocatore in cerca di riscatto. I Rockets, infatti, hanno rivitalizzato le carriere di molti giocatori che sembravano ormai sul viale del tramonto o destinati ad avere un ruolo marginale nella lega: tra i tanti, spiccano Gerald Green, Danuel House, P.J. Tucker, Kenneth Faried, Austin Rivers e Ben McLemore, che in quel di Houston sono tornati a esprimere il meglio del proprio potenziale dopo alcune stagioni sottotono o periodi negativi. Se Cousins dovesse ritrovare sé stesso, i Rockets potrebbero disporre di un potenziale All-Star al fianco di un MVP del calibro di Harden e di un cinque volte All-Star qual è Wall e rilancerebbero le loro ambizioni in ottica titolo. Si tratterà di una scommessa vinta, come quella dei Portland Trail Blazers con Carmelo Anthony, o di un errore di valutazione?
Rockets preview 2020/2021: le aspettative stagionali
L’off-season turbolenta ha reso piuttosto complicata la piena e totale comprensione delle reali intenzioni dei Rockets. I già menzionati rumors di mercato riguardanti presunti malumori di Harden e altri tasselli importanti del gruppo (Tucker, Gordon e non solo), uniti agli addii di Morey e D’Antoni, gli artefici del gruppo che negli ultimi quattro anni è andato vicino ad eliminare i Golden State Warriors di Durant, Curry e Thompson per due anni di fila, infatti, hanno reso Houston una vera e propria polveriera.
I Rockets, nel frattempo, si sono rinforzati al massimo delle loro possibilità, salariali e non, facendo il possibile per consegnare a Silas un roster competitivo attorno a Harden, con l’obiettivo di sempre: vincere il titolo. Un’impresa che i Rockets sognano da tempo, dato che l’ultimo anello risale addirittura al 1995 e che negli ultimi anni il traguardo è sembrato più che raggiungibile. La concorrenza, però, è aumentata a dismisura, con la stagione che sta per iniziare che metterà in vetrina quella che in molti hanno definito la lega più competitiva degli ultimi anni.
Houston, dal canto suo, ha ancora la possibilità di muoversi sul mercato via trade e di firmare qualche altro free agent per rinforzare il roster, ma l’ossatura della squadra sarà quella attuale: un gruppo rinnovato e rinforzato, con Harden al comando, tante frecce nell’arco del supporting cast e un potenziale big three da urlo, se Wall e Cousins dovessero ritrovare la condizione dei tempi d’oro. E se Harden resterà. Basterà per centrare finalmente l’obiettivo? Sulla carta, alcune squadre sembrano maggiormente attrezzate, ma i Rockets nel ruolo di mina vagante potrebbero essere un problema per chiunque.